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Festa del Cinema di Roma, Queens Of The Dead: Tina Romero, zombie di padre in figlia. E se gli zombie fossimo noi?

Festa del Cinema di Roma, Queens Of The Dead: Tina Romero, zombie di padre in figlia. E se gli zombie fossimo noi?

“Questo non è un film di George Romero. Non esistono gli zombie”. Un improbabile sindaco di New York, in diretta televisiva, lancia questo messaggio ai cittadini, mentre in città un’epidemia sta trasformando centinaia di persone in morti viventi. È una frase che suona ironica, autoironica, dissacrante e rispettosa allo stesso tempo. Sì, perché Queens Of The Dead, lo spassoso horror che è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Freestyle, è l’opera prima di Tina Romero, ballerina e deejay. E, soprattutto, figlia di quel George Romero che il cinema degli zombie lo ha inventato. Il “contagio” horror allora è passato di padre in figlia. E Tina si conferma una degna erede di George Romero: apprende la lezione e la fa sua, portando avanti il lascito del grande regista horror ma facendone un’opera assolutamente personale.

Tina Romero ha conosciuto le notti di New York e il mondo dei locali notturni. E così porta il cinema degli zombie nel mondo delle discoteche, dei club e soprattutto delle drag queen, un mondo colorato, intenso, umanissimo e pieno di sentimenti. Una notte come tante altre, mentre sta per andare in scena uno show di drag queen, uno zombie irrompe in un locale, scatenando il panico e una serie di reazioni in grado, alla fine, di cementare ancora di più quella solidarietà e quelle relazioni che, nella comunità LGBTQ+, sono davvero fortissime.

Ed è coloratissimo, vitale, ironico, spassoso il film di Tina Romero. Le luci al neon – rosa, blu, viola – dei locali illuminano un’umanità varia, una serie di personaggi ognuno con i propri problemi, ognuno con un grande cuore e una forza di volontà. Ci si affeziona subito a queste persone che indossano una maschera, una maschera molto vistosa, che in realtà riesce a rivelare loro stessi e la loro vera identità. E, di questa comunità, ci sentiamo in qualche modo parte. Scatta l’empatia con persone lontanissime da noi. E in questo il lavoro di Tina Romero è evidente.

Queen Of The Dead è un film che lavora a livello metanarrativo e metacinematografico. Torniamo alla frase con cui abbiamo aperto. La storia si svolge in un mondo che conosce gli zombie e conosce i film di George Romero. In cui le pubblicità delle medicine fanno riferimento agli zombie. Tina Romero raccoglie l’eredità del padre – come è legittimo – e, in quanto tale, può portarne avanti il discorso, prenderne le distanze, dissacrare il mito e prenderlo – e prendersi in giro. Con un tocco di surreale e di comico che, appunto, va oltre lo stile dei film del padre.

In particolare, in Queen Of The Dead, il senso del comico nasce da due aspetti. Il primo è che gli zombie, lontani dagli esseri ipertrofici e centometristi degli zombie movie di Danny Boyle e altri autori della nuova generazione, tornano ad essere quelli caracollanti e lenti dell’originale di George Romero del 1968, La notte dei morti viventi. Molto del ridicolo del film, quindi, sta nella loro goffaggine. Il secondo aspetto nasce dai protagonisti, totalmente inadeguati e improbabili nel loro ruolo di eroi, e per questo ancora più meritevoli di attenzione e di affetto.

Il film, quindi, sembra seguire una tendenza sempre più in voga negli horror di oggi. Quella di renderli comici. Sembra quasi che oggi non sia più possibile riuscire a far paura in nessun modo. Sia perché tutto, nell’horror, è stato già detto e mostrato. Sia perché la realtà che abbiamo intorno a noi sembra andare oltre ogni film di finzione. L’horror comico, allora, è una risposta. Ma così, alla fine, si finisce per perdere il senso dell’orrore e della paura.

Ma c’è una cosa che forse deve farci più paura di tutte le altre. Guardate quegli zombie, già senza cervello di per sé, che trovano degli smartphone e rimangono ipnotizzati, inebetiti, intorpiditi davanti alle immagini delle reel dei social media. È solo un accenno, un discorso che Tina Romero forse poteva portare avanti in modo più deciso. È solo un sottotesto. Ma, in ogni caso ci arriva. E allora avete capito chi sono quegli zombie perduti dentro a dei telefoni? È facile. Siamo tutti noi.

di Maurizio Ermisino

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