Un noir solare, ironico e graffiante che capovolge le regole del genere: HONEY DON’T! è la nuova opera firmata da Ethan Coen e Tricia Cooke, una commedia dark che mescola detective story, seduzione e pulp con un tocco di queer cinema mai così necessario.
Al centro della vicenda c’è Honey O’Donahue, investigatrice privata di Bakersfield, cittadina californiana bruciata dal sole e intrisa di segreti. Una serie di omicidi inspiegabili legati a una chiesa locale la trascinano in un’indagine dove il confine tra giusto e sbagliato è sfumato e il passato torna a bussare con violenza.
Per raccontare questa storia, Coen e Cooke hanno scelto un titolo emblematico fin dalle prime fasi: Honey Don’t!, come l’omonimo brano rockabilly di Carl Perkins nella versione di Wanda Jackson. «Volevamo la sua energia femminile e ribelle», spiegano gli autori, e il film vibra proprio di quell’elettricità sensuale.
A incarnare Honey è Margaret Qualley, in una delle interpretazioni più sorprendenti della sua carriera: una detective queer che rivisita i miti del noir alla Bogart e Bacall, ma con voce vellutata e magnetismo moderno. Al suo fianco Aubrey Plaza, agente di polizia enigmatica e ambigua, con cui si crea un irresistibile gioco di seduzione e potere. A completare il cast, un Chris Evans inedito nei panni del pastore Drew Devlin, carismatico leader religioso pronto a sfruttare il pulpito per scopi tutt’altro che sacri, insieme a Charlie Day, Talia Ryder, Billy Eichner e altri volti di spicco.
Dal punto di vista visivo, HONEY DON’T! ribalta le convenzioni del noir: non più ombre e stanze fumose, ma luce abbacinante, periferie polverose e case che sembrano ferme agli anni ’70. La fotografia di Ari Wegner (candidata all’Oscar per Il potere del cane) illumina la provincia californiana come un palcoscenico crudele e ipnotico, mentre i costumi di Peggy Schnitzer bilanciano glamour e realismo, definendo con precisione l’identità dei personaggi.
A dare ritmo, oltre all’azione coreografata da Jennifer Lamb Hewitt, è la colonna sonora firmata da Carter Burwell, che intreccia brani scelti da Coen e Cooke esclusivamente da voci femminili. Un tappeto sonoro che non solo accompagna, ma amplifica l’ambiguità dei sentimenti e delle relazioni.
HONEY DON’T! non è solo un giallo ironico e sovversivo: è un’indagine sulle conseguenze del trauma, un gioco di specchi sulle identità femminili e queer, e soprattutto un atto d’amore verso il cinema di genere. Un film che diverte, spiazza e conquista, con la capacità di lasciare lo spettatore sospeso tra il sorriso e l’inquietudine.