Happy together, felici insieme, recita una vecchia canzone degli anni Sessanta che apre e chiude I Roses, il film di Jay Roach con Benedict Cumberbatch e Olivia Colman, in arrivo al cinema il 27 agosto. I Roses è il remake de La guerra dei Roses, quel film di fine anni Ottanta in cui Michael Douglas e Kathleen Turner, marito e moglie, si dichiaravano una guerra senza esclusione di colpi. Quella storia ritorna oggi, ma è molto diversa. E vale la pena di essere raccontata.
La vita sembra facile per la coppia apparentemente perfetta Theo (Cumberbatch) e Ivy (Colman): carriere di successo – lui è un architetto, lei una chef – e figli fantastici, una vita sessuale invidiabile. Ma sotto la facciata della famiglia perfetta si celano competizione e risentimenti, che si accendono quando i sogni professionali di Theo si infrangono.
I nuovi coniugi Roses, Theo e Ivy, prima di tutto sono inglesi, come gli attori che li portano sullo schermo. Due britannici che si sono trasferiti negli Stati Uniti, in California, dopo un colpo di fulmine e la speranza di realizzare il loro amore e i loro sogni. Questo non è affatto un dettaglio. Cumberbatch e Colman, qui anche produttori, danno vita a un film a loro immagine e somiglianza. Una storia fatta di humour tagliente, ironia, battute sagaci che fanno ridere a denti stretti e rivelano, in realtà, molti aspetti nascosti delle relazioni. I Roses è un film diverso da La guerra dei Roses sin da questo. È un film soprattutto di parola, di racconto, mentre l’altro era soprattutto una commedia da gag fisiche, meccaniche.
Ed è diverso anche il senso dei due attori protagonisti. Senza nulla togliere ai grandi Michael Douglas e Kathleen Turner, la loro scelta era dettata senz’altro dallo star system e dal sex appeal (la Turner era stata l’indimenticabile protagonista di Brivido caldo). L’idea forte, più che altro, era stata prendere due attori che erano già una coppia consolidata, reduce dal successo de All’inseguimento della pietra verde e Il gioiello del Nilo, e usarla contro ruolo, mettendo uno contro l’altro due attori che avevano dimostrato un’evidente chimica. Qui, uno di fronte all’altro, abbiamo due grandissimi della recitazione. E, infatti, il livello attoriale è davvero altissimo. Proprio per non perdere nessuna sfumatura della loro prestazione, delle battute e del loro accento, su cui nel film gioca la differenza rispetto agli americani, l’ideale, se lo trovate, sarebbe vedere questo film in lingua originale.
Ma la differenza de I Roses dal modello da cui è tratto non si ferma qui. A proposito del film originale, ci siamo sempre chiesti perché quei due personaggi belli, sexy, che avevano tutto dalla vita, dovessero arrivare ad odiarsi. Non ricordiamo la miccia che aveva acceso il tutto, ma probabilmente si trattava di un pretesto per dar vita a uno svolgimento che, come detto, procedeva in maniera meccanica. I Roses, invece, è davvero un racconto – plausibile se non realistico, di come il rapporto di una coppia possa incrinarsi. Ha a che fare con il successo e l’insuccesso dei due membri della coppia, e dei relativi equilibri che portano nel loro rapporto. Ha a che fare con l’inversione dei ruoli tra maschile e femminile, l’accettazione di questi e le conseguenze. Ha a che fare con rimorsi e rimpianti, con il non detto e il sommerso che, prima o poi, viene alla luce. È un tema che, trattato in tutt’altro modo, era alla base anche di un grandissimo film come Anatomia di una caduta.
L’idea forte del film, quindi, è non raccontare “la guerra” dei Roses, ma “perché” una guerra arrivi a scoppiare. Non è un caso che la parte omologa all’originale, fatta di ripicche e dispetti più o meno creativi e crudeli, arrivi solo nell’ultimo quarto del film, per una ventina di minuti. Per tutto il resto si preferisce raccontarci come ci si è arrivati. E allora sì, la storia de I Roses, a differenza del film originale, stavolta ha perfettamente senso. Ma, attenzione, proprio il fatto che abbia senso ne fa un film più doloroso, tagliente. C’è una commedia, ma dietro anche molto dramma. Gli attori protagonisti sono bravissimi a trovare il tono giusto: un tono mai sopra le righe, mai da film comico, ma un contegno piuttosto realistico, credibile, in modo da far pendere leggermente, ogni volta che è necessario, la bilancia dalla parte della commedia o del dramma. Anche il finale, completamente diverso dall’originale, per quanto beffardo, ha perfettamente senso. I Roses è un film da vedere, ma con attenzione. Lascia un gusto amaro in bocca. Come quella vodka che Ivy serve accanto al granchio per dare al piatto un sapore diverso.
di Maurizio Ermisino
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