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Frammenti di luce: Da un tramonto all’altro, una ragazza scopre amore e dolore. Nella magica luce d’Islanda

Frammenti di luce: Da un tramonto all’altro, una ragazza scopre amore e dolore. Nella magica luce d’Islanda

Un ragazzo, una ragazza. Il mare. E un tramonto meraviglioso. Inizia così Frammenti di luce, il nuovo film del candidato all’Oscar Rúnar Rúnarsson, che uscirà nelle sale italiane il 14 agosto con Movies Inspired. Frammenti di Luce (Ljósbrot / When the Light Breaks sono il titolo originale e quello internazionale) è stato presentato lo scorso anno a Cannes nella sezione Un Certain Regard e si è aggiudicato diversi premi europei, tra cui un European Film Award, prima di essere presentato a Roma, nella sezione Alice nella Città.
Tra quei due ragazzi, Una e Diddi, c’è qualcosa. C’è un sentimento. C’è un segreto. Che però durerà ancora per poco, prima che esca tutto alla luce del sole. Un evento inatteso, improvviso, cambia tutto. Una, nel giro di poche ore, da un tramonto all’altro, conosce l’amore, l’amicizia, il dolore, la bellezza.
Sembra un film di Rohmer, o se volete di Linklater, nelle sue prime battute, Frammenti di luce. Ma poi cambia bruscamente tono, e capiamo che si tratta d’altro. Quello che sembrava un “racconto d’estate”, una storia che avveniva “prima del tramonto” o “prima dell’alba” è in realtà il racconto di un’estate che finisce bruscamente, di una luce che cala di colpo. E, quando tutto è buio, sta a noi cogliere dove e come possiamo i frammenti di luce, improvvisi e inattesi. Sarà così per Una. Il suo romanzo di formazione, interrotto, dovrà ricominciare da altre pagine. Sarà lei, insieme a chi ha accanto, a scriverne di nuove.
Frammenti di luce è un film ipnotico. Per il suo incedere calmo, ma deciso, per il modo in cui viaggia tra immagini potenti, come quelle dei paesaggi e delle architetture. Che hanno spesso modo di diventare paesaggi-stato d’animo e un modo per fare racconto. Sono quasi una sorta di “coro” greco per che sottolinea, e amplifica, i sentimenti dei personaggi. E permettono alla regia delle grandi sequenze. Come la facciata di quell’austera cattedrale che dà vita a un volo immaginario e liberatorio. Come la scena del ponte con le bandiere a mezz’asta ripreso in campo lungo. Ma fate caso anche a quell’inquadratura in cui, grazie al riflesso su una finestra, due volti apparentemente distanti si fondono in un volto solo, con un evidente significato. E, ancora, alla scena di un pianto che esplode durante un ballo liberatorio e finisce in un abbraccio collettivo.
Il grande merito di una sequenza come questa è dell’attrice protagonista. Perché intorno a Una si muove un mondo, tanti piccoli grandi personaggi appena tratteggiati ma vividi. Eppure tutto il film è sulle esili spalle, e sul bellissimo e insolito volto di Elín Hall, artista poliedrica islandese, cantante e attrice di successo. Che qui scompare nel suo personaggio e diventa a tutti gli effetti Una, ragazza semplice e sensibile. I capelli rossi corti, pettinati da un lato, la carnagione chiarissima costellata di efelidi, gli occhi azzurri così intensi, così umani: l’artista riesce a dare vita a un personaggio unico.
Frammenti di luce è un film doloroso, eppure pieno di vita. Si parla di amore, amicizia, sessualità, perdita in modo naturale. È uno spaccato di vita di una giovane donna, un altro bellissimo racconto originale al femminile che arriva dopo Dreams (Drømmer), di Dag Johan Haugerud, Orso d’Oro al Festival di Berlino 2025. Un altro film in arrivo dal freddo, dal tono completamente diverso, con in comune il fatto di essere un insolito romanzo di formazione. I film nordici ormai li conosciamo da un po’. Hanno un loro modo preciso di parlarci. Sono apparentemente freddi, controllati. Ma sono estremamente lucidi nell’analizzare sensazioni e sentimenti. E, a loro modo, sono caldissimi. Sotto quel ghiaccio della confezione scorre qualcosa che ribolle.
In particolare, Frammenti di luce è un film pieno di silenzi e di non detto. Silenzi che sono più forti di mille parole. Come nel bellissimo sottofinale, che si conclude con un’immagine che sembra quasi un quadro d’arte sacra. Prima che il film si chiuda com’era iniziato. Con un altro tramonto. Stavolta dal significato completamente diverso.

di Maurizio Ermisino

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