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The Return – Il ritorno: Ralph Fiennes e Juliette Binoche rileggono la grande storia dell’Odissea

The Return – Il ritorno: Ralph Fiennes e Juliette Binoche rileggono la grande storia dell’Odissea

Si dice che tutti i racconti, che siano libri, cinema o teatro, in fondo provengano sempre da due storie: l’Iliade e l’Odissea. The Return – Il ritorno, il film di Uberto Pasolini presentato alla Festa del Cinema di Roma, con Ralph Fiennes e Juliette Binoche, in uscita il 30 gennaio, è tratto proprio dall’Odissea. È la fine della storia. La guerra è finita. Una donna aspetta il ritorno del proprio marito. Un figlio il ritorno del padre che non ha mai conosciuto. Così recitano le didascalie all’inizio del film. Siamo a Itaca e Ulisse, Odisseo, non è ancora tornato dal suo lungo viaggio. Nel suo regno sono arrivati degli uomini, i Proci, che fanno a gara per sposare la moglie, che considerano una vedova, e impadronirsi delle ricchezze. Il ritorno del re a Itaca non è quello che la moglie, il figlio e il suo popolo attendevano. Sono passati tanti anni. Quell’uomo è irriconoscibile. È ferito, denutrito, malato. È naufragato sulle rive di Itaca senza alcun avere. Lo credono un mendicante. Ed è così che si presenta al Palazzo, è così che viene trattato.

The Return – Il ritorno è un film che una storia forte, fortissima. L’Odissea è la storia archetipica per eccellenza, una delle grandi storie della Storia del mondo. Anche se questa è solo la fine. In casi come questi si tratta di renderla bene. E Uberto Pasolini lo fa partendo dalla scelta degli attori. Ralph Fiennes è maestoso nel ruolo di un re stanco, un eroe provato. Un re che è prima di tutto un uomo, un uomo che si è perso, in tutti i sensi. E non è sicuro di volersi ritrovare. Le rughe, le ferite, le cicatrici gli solcano il colpo e il volto, nascosto da una barba lunga e incolta. Un viso al centro del quale campeggiano degli occhi blu, liquidi, stanchi e impauriti.

Juliette Binoche è una Penelope eccezionale. Ha il volto distante, altero, quasi sacro. La distanza è quella di una persona che non vuole accettare una realtà che tutti le prospettano, e che si astrae dal mondo che le è attorno. La sacralità sta nella sua immagine, i capelli lunghi e neri e il velo sul capo che fanno sembrare una Madonna. D’altra parte, provate a cercare un’immagine della Madonna di Munch. È identica a Juliette Binoche. I suoi occhi, ludici e brillanti, sono velati da timore, dolore e orgoglio. Vedere Fiennes e la Binoche di nuovo insieme dopo Il paziente inglese, poi, non può che emozionare chi ama il cinema.

La messinscena di Uberto Pasolini è essenziale, spoglia, credibile. Viaggia agli albori della Storia, in un tempo lontanissimo dove questa si mescola con la leggenda. Questo scenario è allo stesso tempo perfetto per rappresentare l’era degli eroi, un mondo ancestrale, ma anche per essere un mondo stilizzato e fuori da ogni epoca. The Return così diventa un racconto universale. Scritto e recitato in inglese, è chiaramente Omero, ma potrebbe anche essere Shakespeare o Marlowe. Magari in un adattamento girato da Derek Jarman.

Racconto universale, The Return a suo modo è anche attuale. L’idea forte, di cui non ci accorgiamo subito, ma di cui man mano ci rendiamo conto, è che dal racconto scompare completamente la presenza degli Dei, per riportare tutto all’uomo. Nell’Odissea si racconta che il peregrinare di Ulisse senza poter tornare a casa è il frutto della vendetta degli Dei per aver espugnato Troia con l’inganno. Qui degli Dei non c’è traccia. E la spiegazione del viaggio di Ulisse è tutta umana. “Avresti amato l’uomo che sono diventato? Non potevo ritornare” risponde Odisseo alla domanda di Penelope sul perché sia stato assente per così tanto tempo. È un cambio di prospettiva notevole.

Da qui l’attualità del film, e il continuo riferimento alla guerra, ma anche all’accoglienza. “La guerra è ovunque. È in tutto ciò che vedo e tocco” confessa l’Odisseo di Ralph Fiennes. “Per molti uomini la guerra diventa la loro casa”. Lungo tutto il film c’è un continuo senso di condanna verso tutte le guerre, un continuo riferimento al male che fanno alle persone. Si dice anche che la guerra è qualcosa che durerà fino alla fine dei giorni dell’uomo. E quello che accade oggi è qui solo a confermarlo. Ma si parla anche di accoglienza “Perché accogliamo uno straniero?” “Perché ancora non ci hanno trasformato in bestie” è la risposta di uno schiavo, interpretato dal nostro Claudio Santamaria. Sì, è una grande storia l’Odissea. Che ha la sua forza ancora oggi.

di Maurizio Ermisino

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