“Non ci siamo visti per un po’. La Disney ha comprato la Fox e c’è stato un problema di diritti”. Lo dice, con il suo solito modo senza filtri, il Deadpool di Ryan Reynolds in Deadpool & Wolverine, in arrivo al cinema dal 24 luglio. In questa frase c’è una parte del senso di questo personaggio e di questo film nel mondo del Marvel Cinematic Universe e della Walt Disney Company. E anche di come si può scrivere un film di supereroi in modo diverso. “Ecco un film tutto per me. Io che non meriterei neanche un film, figuriamoci una franchise. Ma la Marvel è così stupida”. La serie di Deadpool, arrivata al terzo film (che è anche, ricordatelo, l’unico film Marvel che vedrete quest’anno) serve alla Disney e alla Marvel per tanti motivi. Per uscire da un certo tono narrativo ormai definito nel MCU, e dai canoni per famiglie dei prodotti Disney. Per poter dire di essere diversi e politicamente scorretti, per una volta, continuando il politically correct da tutte le altre parti. Per poter fare autoironia e un mea culpa su alcune scelte sbagliate e, in fondo, ammettere che dopo Avengers: Endgame le cose non sono state più le stesse. Per mettere un punto e a capo alle vicende del MCU, chiudere un capitolo, e forse aprirne un altro. Per recuperare un personaggio come Wolverine e pensare, per un attimo, a tutti i personaggi che sono stati man mano dimenticati e lasciati indietro. Tutto questo con ironia, umorismo sboccato, continue allusioni sessuali. Tutto questo è Deadpool & Wolverine. Non c’è tempo per annoiarsi.
Le prime sequenze di Deadpool & Wolverine vedono il nostro (anti)eroe in crisi. Viaggiamo per un attimo indietro fino al 2016 quando Deadpool (Ryan Reynolds) è a un colloquio per entrare negli Avengers, ma non viene ritenuto perfettamente idoneo per far parte della squadra di supereroi. Da quel momento la sua vita cambia e lo troviamo ai giorni nostri, cambiato, con una nuova vita da venditore d’auto. Ma, da un’altra dimensione, qualcuno viene a prenderlo per esporgli una strana teoria: il suo universo, perso uno dei suoi cardini, il supereroe Wolverine (Hugh Jackman) sta per collassare. I suoi amici moriranno e solo Deadpool è stato preso per essere salvato, entrare in un’altra linea temporale e, forse, unirsi agli Avengers. Ma Deadpool non ci sta: vuole salvare i suoi amici e andrà a cercare Wolverine in altri universi per portarlo nel suo.
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Detto così appare complicatissimo. Ma Deadpool & Wolverine è un film più facile da vedere che da raccontare. È scoppiettante, carico di azione, ironia, battute, violenza. Ma, attenzione, travestito da film irriverente e cialtrone c’è un film molto intelligente, che è una riflessione sul mercato del cinema e il business dei film sui supereroi. “Benvenuto nel MCU… siamo alla canna del gas” sentiamo dire in un dialogo tra Deadpool & Wolverine. E sembra quasi quell’ammissione di cui parlavamo qui sopra, il voler dire che l’ultima fase del MCU non ha funzionato a dovere.
Deadpool & Wolverine, più ancora degli altri film di Deadpool, è una rivoluzione nel mondo dei cinecomic. Non si tratta solo del tono, irriverente, sboccato e scorretto, diverso da tutti gli altri film di questo genere. È proprio nel fatto che il nostro eroe sfonda la quarta parete, e – nel caso esista – anche una quinta: Deadpoool, come nei fumetti, parla con lo spettatore. Ma è anche consapevole di essere un personaggio di finzione e di vivere in un mondo che è quello del cinema, dello show business: ha coscienza di essere una figurina che è inserita in una confezione, in un prodotto come un film. Come il Solo di Nirvana era consapevole di essere il personaggio di un videogame. Questo gli permette di parlare con noi e svelare le debolezze e le contraddizioni di un sistema come quello di Hollywood. Con una battuta si fa beffe delle logiche di mercato, delle strategie delle major, delle scelte di produzione. Pensate a quella battuta su Wolverine e Hugh Jackman: “La Fox l’ha ucciso, Disney lo ha resuscitato, glielo faranno fare fino a 90 anni”. O l’autocritica sul multiverso. “Il multiverso non ha funzionato. Il Mago di Oz lo aveva saputo fare prima di tutti”. Deadpool è unico: quello che i supereroi non dicono, lui ce lo racconta.
Ma il senso di Deadpool & Wolverine non è solo questo. È anche nel “vuoto”, quella sorta di limbo dove, nella storia, arriva tutto quello che non serve più. Come quello di cui sopra, anche questo è un concetto molto cinematografico. Nel “vuoto”, una sorta di terra di nessuno ispirata ironicamente all’iconografia di Mad Max, finiscono Deadpool e Wolverine dopo essere stati cacciati da Mr. Paradox, il cattivo del film. Ma il “vuoto” esiste davvero nel mondo del cinema di oggi. Soprattutto in quello dei cinecomic. Dove vanno a finire tutte le saghe che non vanno avanti, le franchise e le serie che vengono cancellate, i progetti abortiti prima ancora di nascere, o gli attori e i personaggi vittime dei flop? Sono personaggi e attori che il mondo ha dimenticato, o che non ha mai conosciuto. Ci sarà, per loro, la possibilità di uscire dal “vuoto”, di lasciare il limbo? Forse una legacy.
di Maurizio Ermisino
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