Born To Be Wild. C’è qualcosa di selvaggio, evidentemente, in Kevin Costner. Qualcosa che lo lega al selvaggio West, alla frontiera, al mito fondante degli Stati Uniti d’America. Il cinema western, che è stato uno dei generi fondanti di Hollywood, è in qualche modo nel sangue di Costner, che più volte è tornato a frequentare quegli scenari, da Silverado a Balla coi lupi, che gli valse il Premio Oscar e la relativa consacrazione da regista. Kevin Costner torna nel vecchio West con un film che ha scritto, diretto e interpretato, Horizon: An American Saga – Capitolo 1. Presentato in anteprima Fuori Concorso al Festival di Cannes lo scorso maggio, il film arriva con il Capitolo 1 al cinema dal 4 luglio e con il Capitolo 2 al cinema dal 15 agosto. Nel sangue di Kevin Costner probabilmente c’è anche qualcosa che lo spinge a imprese rischiose e temerarie. Da quella scommessa che fu Balla coi lupi che lo portò sul tetto del mondo, alla catastrofica impresa di Waterworld che, a un certo punto, fermò la sua carriera. Horizon è una delle sue sfide: un film fortemente voluto, costosissimo, che ha finanziato anche in proprio. È un’impresa in bilico, vista la finora tiepida risposta di critica e pubblico. È un’impresa in bilico, proprio come quella dei cowboy che, nell’Ottocento, sfidavano avversità di ogni tipo per raggiungere quella che credevano una Terra Promessa.
Quella di Horizon: An American Saga è una storia dell’America troppo grande per essere raccontata in un solo film. Diventa così un vero e proprio evento cinematografico diretto e interpretato da Kevin Costner, anche co-sceneggiatore del film al fianco di Jon Baird e produttore attraverso la sua Territory Pictures. Il Capitolo 1 è un film di tre ore, a cui ne seguirà un altro, il Capitolo 2, in arrivo ad agosto. E il progetto prevede altri due film che Costner deve ancora girare e che completeranno una saga che vuole provare a muoversi nella grande tradizione degli iconici western della Warner Bros. Pictures.
Horizon: An American Saga esplora il fascino del Vecchio West, e racconta di come sia stato conquistato – e perso – attraverso sangue, sudore e lacrime. Percorrendo i quattro anni della Guerra Civile, dal 1861 al 1865, l’ambiziosa avventura cinematografica di Costner ci porta in un viaggio emotivo attraverso un Paese in guerra con se stesso e vissuto attraverso il punto di vista di famiglie, amici e antagonisti che cercheranno di scoprire cosa significhi veramente essere gli Stati Uniti d’America.
Kevin Costner è Hayes Ellison, un cowboy che commercia cavalli e si trova a dover uccidere un uomo, che ha messo in discussione l’onore di una donna, la bella avventuriera Marygold (Abbey Lee). La famiglia dell’uomo ucciso, che sta cercando anche un’altra donna, Ellen (Jena Malone), fuggita dopo aver tentato di uccidere il capofamiglia, darà così la caccia Hayes, che inizia a cercare un posto dove iniziare una nuova vita. È Horizon, Terra Promessa che appare a tutte le persone tramite un volantino e che promette di essere il luogo dove essere felici, ma che nessuno ha ancora trovato. È lì che, probabilmente, si muoveranno Frances (Sienna Miller), una donna che è sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia e Trent (Sam Worthington), l’ufficiale dell’esercito che l’ha salvata e forse si è innamorato di lei. Ed è lì che sta convogliando anche la carovana guidata da Matthew (Luke Wilson). Il territorio confina con quello in cui vivono i nativi americani. E per questo è pericoloso.
Come il volantino con la scritta di quel luogo, Horizon, anche il film di Kevin Costner ci attrare con una promessa, quella di avvolgerci con una storia avvincente e con personaggi con cui entrare in empatia. Il primo incontro con loro è positivo. Come quei disegni a carboncino in cui si diletta uno dei membri della carovana, i personaggi di Horizon sono disegnati con dei semplici ed essenziali tratti, che però ci fanno capire immediatamente chi sono. E tutti, o quasi, hanno i volti giusti. Kevin Costner, con i suoi piccoli occhi azzurro ghiaccio e due baffi e una mosca ad ornare il volto, è il perfetto cowboy solitario e laconico, ma capace di fare la cosa giusta. Così come ha l’aura dell’uomo giusto Sam Worthington (è ovvio, è l’eroe di Avatar), che sembra raccogliere idealmente da Kevin Costner il testimone dei suoi eroi positivi, come il tenente John Dunbar di Balla coi lupi. Sienna Miller, nei panni di una giovane vedova, è cresciuta, interpreta ruoli da madre, ma ha un volto ancora giovane, bello e spigoloso, con quei suoi piccoli occhi scuri e caldi. Luke Wilson, nei panni del capo carovana, continua la sua galleria di uomini imperfetti, e gioca il suo ruolo in bilico tra il serio e l’ironico. Jena Malone ha la grinta di una donna che, ancora giovane, ha dovuto vedere e subire tanto, così come Abbey Lee, nei panni della lucente Marygold.
I volti che ha scelto Kostner sono quelli giusti. E anche le storie lo sono. O, almeno, sembrano esserlo all’inizio, anche se, inevitabilmente, possono sembrare storie già viste, perché le storie del West sono queste. L’idea di Kevin Kostner è quella di raccontare il West dal basso, dalle vite ordinarie della gente comune e non da quello degli eroi. Tante cose, però, non convincono. A partire dalle scelte di alcuni personaggi e dalle motivazioni delle loro azioni. Manca anche un certo equilibrio tra le narrazioni dei vari personaggi: alcuni vengono introdotti e poi abbandonati a lungo, altri entrano in scena senza un’adeguata presentazione, altri sembrano importanti ma hanno uno spazio ridotto. Lascia perplessi anche il tono del film, che è sostanzialmente drammatico, ma con alcuni momenti di ironia o di comicità che non sempre si combinano bene.
Ma è solo il primo capitolo di una lunga storia, e per avere un quadro completo dovremmo vederla tutta. E, nonostante i difetti del film, ci siamo affezionati a questi personaggi e ci è venuta voglia di vedere come andrà a proseguire questa storia. Qualcosa lo vediamo già nel montaggio che chiude il film e di fatto è una sorta di trailer del Capitolo 2, un capitolo dove molti dei nodi verranno al pettine. Kevin Costner in fondo è un romantico, è innamorato di un’idea di cinema e di certi film che ormai quasi non si fanno più. E andare a vedere il suo Horizon è una scelta romantica. È fare qualcosa che quasi non facciamo più. Entrare in una sala per essere trasportati letteralmente in un altro mondo, lontano e nel passato.
di Maurizio Ermisino
Copyright: © 2024 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved.
Photo Credit: Richard Foreman
Questo slideshow richiede JavaScript.