Senza dubbio una delle commedie più sorprendenti degli ultimi anni, Hit Man ha rappresentato una ventata di piacevolissima leggerezza alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il film è ispirato alla figura di Gary Johnson, insegnante di filosofia che part-time lavorava con la polizia assumendo il ruolo di finto killer professionista. Una strategia geniale, quest’ultima, per incastrare i mandanti di omicidi. Ma da questo spunto, rivisto e corretto per la narrazione cinematografica, Richard Linklater tira fuori una black comedy esilarante, che procede per equivoci, dialoghi incalzanti e colpi di scena. Una vera e propria commedia ad orologeria, senza soste, originale, ricca di sorprese, con un protagonista eccezionale. Ad interpretare Johnson, troviamo infatti la rivelazione Glen Powell, che aveva già lavorato con Linklater nel 2016 in Tutti vogliono qualcosa, ma che qui, forse per la prima volta nella sua carriera, ci regala una performance esplosiva, dimostrando uno straordinario talento trasformista. L’attore infatti non solo è perfetto nel tratteggiare l’evoluzione del suo personaggio, da semplice e solitario professore di filosofia a sexy uomo d’azione, ma è anche sensazionale nel reinventarsi nelle varie tipologie di killer che il protagonista si ritrova ad impersonare per lavoro, dando vita a momenti di raro divertimento.
Il film procede inizialmente seguendo uno svolgimento episodico, travestimento per travestimento, e dopo l’entrata in scena di Madison (interpretata brillantemente da Adria Arjona), il film cambia struttura e si concentra sulla love story tra il protagonista e quest’ultima. Una storia d’amore, di passione, di bugie, di imprevisti che riserva un finale scoppiettante.
Hit Man, in uscita ad ottobre negli Stati Uniti e presto anche nelle sale italiane grazie a BIM Distribuzione, è intrattenimento allo stato puro, costruito su una sceneggiatura priva di sbavature (scritta da Linklater insieme allo stesso Powell) e confezionato da una regia che maneggia magistralmente tutti gli stilemi del genere. O meglio dei generi. Il film infatti rilegge con ironia il noir, il poliziesco, la commedia sentimentale, l’action, il thriller, il classico biopic. E in qualche modo diventa la cifra ideale di tutta la filmografia di Linklater, variegata, eterogenea, spinta su coordinate sempre differenti. Il regista di Prima dell’alba e Boyhood dimostra, anche dopo il convincente Apollo 10 e mezzo, di essere in una nuova ispirata fase della sua carriera. E speriamo che continui ancora a lungo.
di Antonio Valerio Spera
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