Uno dei film più attesi di Venezia 80, Maestro segna il ritorno dietro la macchina da presa per Bradley Cooper. Dopo il successo di pubblico e di critica per la sua opera prima A Star Is Born, presentato proprio qui al Lido nel 2018, che lo vedeva oltre che regista anche interprete al fianco di Lady Gaga, la star americana si cimenta nuovamente con un racconto “musicale”, portando sullo schermo nientemeno che la vita di Leonard Bernstein (da lui stesso interpretato), uno dei musicisti più importanti del Novecento. Un’opera rischiosa e ambiziosa che ha condotto l’autore a confrontarsi con una figura imponente del panorama artistico internazionale, nonché un personaggio centrale della cultura statunitense del secolo scorso, entrato nell’immaginario collettivo non solo per il suo straordinario talento.
Cooper, seguendo la linea del biopic contemporaneo, offre un ritratto a 360 gradi dell’autore di West Side Story, non soffermandosi esclusivamente sulla sua musica e sulla sua vita pubblica, ma entrando nel suo privato per raccontare l’uomo dietro l’artista, concentrandosi soprattutto sulla sua storia sentimentale. Centrale nella narrazione è infatti il suo matrimonio con Felicia Montealegre (che ha il volto di Carey Mulligan), dall’incontro ad una festa all’innamoramento, dalla nascita dei loro tre figli alle difficoltà di coppia per la gestione dell’omosessualità del maestro, dall’amore ritrovato alla malattia della moglie. Trent’anni di vita, di musica, di amore vero ma tormentato, di dolore e compassione, di sogni e paure.
Film targato Netflix ma prodotto dallo stesso regista insieme a Martin Scorsese e Steven Spielberg, doveva inizialmente essere diretto proprio da quest’ultimo, che poi ha deciso di avvicinarsi a Bernstein dedicandosi esclusivamente al remake di West Side Story (2021) e affidando il progetto del biopic a Cooper, convinto dal suo esordio. E Spielberg, per l’ennesima volta, ci ha visto lungo. Perché se Cooper è impressionante nella sua performance attoriale, assolutamente mimetica, ricca di verità ed empatia, lo è altrettanto dietro la macchina da presa, e anche nella scrittura (coadiuvato dal premio Oscar Josh Singer). Maestro scorre infatti sullo schermo come un perfetto e variegato spartito musicale, che passa dal bianco e nero al colore, che lega con disinvoltura il dinamismo delle parti musicali (in alcuni casi da musical vero e proprio) con i momenti più statici e riflessivi del racconto intimo del rapporto di coppia, che segue una narrazione ellittica ma lineare e esibisce un impianto visivo totalmente libero, caratterizzato da una macchina da presa che a tratti azzarda i movimenti più arditi e a tratti osserva immobile i dialoghi tra i due protagonisti.
Un racconto appassionante, commovente, che si presenta tanto come un ritratto artistico quanto come una profonda indagine dei sentimenti umani, dove Bradley Cooper e Carey Mulligan duettano sullo schermo con una sintonia quasi magica e riescono, con una naturalezza impressionante, a scavare nelle emozioni e nelle contraddizioni dei loro personaggi evitando ogni forma di manierismo. Un film importante, a momenti sorprendente, potente e al contempo delicato, che ci restituisce un autore maturo e coraggioso, che non ha avuto paura di misurarsi con un’icona senza tempo come Bernstein.
di Antonio Valerio Spera
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