Il regista torna alla Mostra del Cinema con Finalmente l’alba, film che ripercorre l’immaginario di un’epoca: la dolce vita degli anni ’50.
La Hollywood sul Tevere, il divismo, Fellini. E poi una leonessa fuggita da chissà dove che si aggira per la Roma degli anni’50, quella delle star del cinema americano e di folle di fanciulle sognanti in cerca di successo negli studios di Cinecittà. Ma c’è anche il viaggio di formazione di Mimosa, una giovane comparsa dal candore disarmante. Anche lei sogna il cinema, lo guarda con stupore e per una notte dentro quel mondo addirittura ci finisce trascinata da un eccentrico gruppo di attori americani. Con questa storia stratificata e ricca di suggestioni Saverio Costanzo torna in gara alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Finalmente l’alba, in uscita il prossimo 14 dicembre per 01 Distribution e realizzato con un budget imponente di 28 milioni di euro e un cast internazionale (Lily James, Joe Keery, Willem Dafoe, Rachel Sennott, Alba Rohrwacher, Rebecca Antonaci) segna il suo ritorno al cinema dopo la breve parentesi della serialità con L’amica geniale, un’esperienza che non esita a definire “una scuola, come se andassi a fare il servizio militare, una vera accademia di cinema”, anche se la voglia di misurarsi nuovamente con un film non si è mai sopita. “La differenza tra il cinema e le serie tv è la stessa che c’è tra una passione focosa e un matrimonio che funziona: il primo è una passione focosa, il secondo è un matrimonio che funziona. E ho quindi avuto bisogno dell’adulterio!”, spiega. “Sono due mezzi imparagonabili”.
Un ritorno maturato sulle orme di un fatto di cronaca risalente al 1953: l’omicidio della giovanissima Wilma Montesi. Da qui Costanzo è partito per raccontare la notte della giovane Mimosa, che di Wilma seguirà le tracce, senza però perdersi. “Siamo a Roma nell’aprile del 1953 e una ragazza viene trovata con la faccia in giù sulla spiaggia di Capocotta. – racconta – Le cronache dell’epoca lo identificarono come uno spartiacque, è come se l’innocenza del pubblico italiano fosse finita lì, cominciava una nuova era, quella in cui ci troviamo noi oggi, dove le cose sono anche peggiorate. Speculando sul fatto che fossero coinvolti alcuni esponenti del mondo della politica e dello spettacolo, la stampa creò infatti nelle persone una curiosità morbosa di sapere chi fosse il colpevole, disinteressandosi completamente alla vittima. È esattamente quello che capita oggi a noi: non abbiamo più sensibilità verso niente, non conserviamo nulla”. Il film inizialmente avrebbe dovuto raccontare chi era Wilma Montesi il giorno prima che morisse, “ma questa scrittura mi stava portando verso un epilogo che non mi sembrava poteva essere di nessuna utilità per lo spettatore: e così ho pensato al personaggio di Mimosa, qualcuno cioè che segue le tracce di Wilma, anche lei aspirante attrice, amante del cinema, proveniente da una di quelle famiglie borghesi che opprimono le proprie figlie e che pensano solo a sistemarle tarpando loro le ali. Mimosa cambia l’epilogo della storia e attraverso il suo personaggio possiamo ridare dignità alla memoria della sua morte”.
Il girovagare della protagonista nella notte romana degli anni ’50 potrebbe essere il perfetto negativo de La dolce vita di Fellini, ma dentro c’è tutto l’immaginario di un’epoca. “C’è Fellini – precisa Costanzo – ma c’è soprattutto Giulietta Masina, è stata lei la prima ispirazione per il personaggio di Mimosa. Volevo riproporre un’idea di femminilità sofisticata, buffa, imprevedibile, per niente scontata, una boccata d’aria fresca per lo spettatore di oggi in un mondo dove i giovani e soprattutto i personaggi femminili delle serie e del cinema hanno tutti la stessa androginia . Lavorare su un femminile come quello della Masina è rischioso, ma è elettrizzante e quando ho incontrato Rebecca ho trovato una sua nipote. Più de La dolce vita l’ispirazione per questo film è stata Le notti di Cabiria”. Nostalgia per quegli anni? Assolutamente no, “mi sono divertito a creare una storia fatta di frammenti di tanti film diversi, Finalmente l’alba è girato oggi ed è già una risposta alla nostalgia, non è nostalgico, anzi parla moltissimo di cosa continui a essere oggi il cinema italiano: Cinecittà, le comparse, quelle facce sono ancora lì, basta solo cercarle”. La sua Mimosa l’ha trovata girando uno spot pubblicitario, “che mi è servito a due cose: capire che non ne avrei fatti più altri, e trovare Rebecca Antonaci”, giovanissima cantautrice a cui Costanzo ha affidato un sogno a occhi aperti di oltre due ore. Con la sua grazia, semplicità e meraviglia Mimosa è il prototipo dell’antidiva: “Essere una diva negli anni ’50 doveva essere un inferno, che fatica questo gioco di doversi rappresentare tutte le volte, essere fatale, seduttiva e compiacere il maschio, era micidiale”, continua. Lei invece non ne ha bisogno, è semplicemente se stessa, “un foglio di carta bianca che permette agli altri personaggi di specchiarsi e capire chi sono veramente”. Costanzo ha dedicato il film a suo padre, “il minimo che potessi fare. Non c’è molto da dire”, conclude tagliando corto.
di Elisabetta Bartucca per DailyMood.it
Copertina:FINALMENTE L’ALBA – Joe Keery, Rebecca Antonaci and Willem Dafoe (Credits Eduardo Castaldo)