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The Ugly Stepsister – Quando la bellezza diventa orrore

The Ugly Stepsister – Quando la bellezza diventa orrore

C’era una volta una fiaba che conosciamo tutti. Una ragazza gentile, due sorellastre crudeli, un principe, una scarpetta. Ma cosa succede se la favola si rovescia e la voce narrante non è quella di Cenerentola, bensì di una sorellastra?
Con The Ugly Stepsister, la regista svedese Emilie Blichfeldt – qui al suo debutto nel lungometraggio – trascina lo spettatore in un territorio dove il mito, l’horror corporeo e la critica sociale si intrecciano fino a diventare indissolubili.

Il film, distribuito in Italia da I Wonder Pictures, parte da un dettaglio crudo ma autentico della versione dei fratelli Grimm: le sorellastre pronte a mutilarsi i piedi pur di calzare la scarpetta. Da lì nasce un viaggio disturbante e viscerale nella psiche di Elvira (interpretata da una sorprendente Lea Myren), ragazza che desidera disperatamente il principe azzurro e una vita da favola. Il prezzo? Dolore, sangue, sacrificio del corpo. Perché, in un mondo che ripete che “la bellezza è dolore”, lei è disposta a farsi letteralmente a pezzi.

Blichfeldt affonda le mani nell’eredità del body horror di David Cronenberg, trasformando il corpo in campo di battaglia e metafora della tirannia estetica. Ma accanto al sangue e alla violenza, c’è ironia: un grottesco che scuote e fa riflettere, che rende la sorellastra meno “mostro” e più specchio delle nostre stesse insicurezze. Perché – suggerisce la regista – siamo tutte, in fondo, sorellastre che cercano di entrare in una scarpetta troppo piccola.

Il film seduce anche per il suo impianto visivo: castelli gotici polacchi, scenografie restaurate come reliquie, costumi firmati da Manon Rasmussen che intrecciano suggestioni Disney con la moda ottocentesca. Una dimensione sospesa tra sogno e incubo, resa ancora più perturbante dalla colonna sonora che alterna l’eleganza rétro di Kaada alle vibrazioni contemporanee di Vilde Tuv.

Con The Ugly Stepsister, Emilie Blichfeldt non solo reinterpreta una fiaba immortale, ma smonta – con sangue e poesia – la logica che lega valore e bellezza. E lo fa dando voce a chi, per secoli, è rimasta relegata ai margini: la sorellastra. Non più caricatura, ma protagonista tragica e feroce.

Un film che non lascia indifferenti: disturbante, necessario, destinato a farsi ricordare.

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