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Robert Redford ci ha lasciato: era la bellezza, l’eleganza, la misura e l’impegno

Robert Redford ci ha lasciato: era la bellezza, l’eleganza, la misura e l’impegno

È scomparso ieri, 16 settembre, nella sua casa nello Utah, Robert Redford, divo e antidivo del cinema americano, attore e regista, artista impegnato e liberal. Ci ha lasciato a 89 anni, e non ce ne facciamo una ragione. Crediamo sempre che i nostri idoli, i nostri eroi, siano immortali, che non possano essere toccati da niente. Ma con Robert Redford era davvero diverso. Ancora giovanile, impeccabile, elegantissimo, sembrava davvero non avere la sua età. Sembrava poter essere eterno.

Qualche anno fa, alla Festa del Cinema di Roma, abbiamo avuto la fortuna di vedere quella che è stata la sua ultima prova d’attore. Un piccolo film, Old Man & The Gun, che racconta la storia di un rapinatore in avanti con gli anni. Lo aveva dichiarato, Redford, che sarebbe stato il suo ultimo film. E lo abbiamo guardato senza staccargli neanche per un attimo gli occhi di dosso. E così li abbiamo trovati, chiaramente, tutti i tratti della sua bellezza e del suo carattere. A partire dai quei suoi occhi chiari, chiarissimi, piccoli e vispi, vivissimi. E poi quel sorriso a suo modo discreto, misurato. Se dovessimo trovare un tratto distintivo nella recitazione di Redford è proprio la misura, un voler restare su delle prestazioni sempre controllate, centrate sui dettagli, sulle sfumature impercettibili. Un non voler andare mai sopra le righe, anche in situazioni più drammatiche o pericolose. Sono dei tratti che ne fanno un attore molto particolare tra quelli della sua generazione, gli attori esplosi tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta (i Nicholson, i De Niro, i Pacino), tutti molto più istrionici.

Eppure, divo del cinema Robert Redford non lo è diventato subito. Ha fatto una lunga gavetta tra il teatro a Broadway, la televisione (tra cui la serie Alfred Hitchcock presenta e Ai confini della realtà), e poi una serie di ruoli al cinema. La sua esplosione si deve al film Butch Cassidy (Butch Cassidy And The Sundance Kid, del 1969), un western dal finale indelebile interpretato accanto a un altro grandissimo, Paul Newman. Una coppia perfetta, che sarebbe ritornata insieme nel famoso La stangata (1974), ancora diretto da George Roy Hill, che avrebbe vinto 7 premi Oscar (e che sarebbe anche valso a Redford l’unica candidatura come miglior attore).

Un altro western, molto diverso, Corvo rosso non avrai il mio scalpo! (1972) è diretto da Sydney Pollack. È un western revisionista, uno dei primi che cambia la narrazione del rapporto tra i bianchi e i nativi americani. È un segnale di un’America che sta cambiando, anche grazie all’impegno del mondo del cinema. Con Sydney Pollack gira poi uno dei suoi film simbolo, I tre giorni del Condor (1975), thriller paranoico e adrenalinico. L’altro lo gira con Alan J. Pakula, ed è Tutti gli uomini del presidente (1976), dedicato ai giornalisti che fecero esplodere lo scandalo Watergate, interpretato accanto a Dustin Hofffman. Sono molto più che dei semplici film. Colgono l’atmosfera del tempo, quella dell’America che usciva dall’era Nixon e da un momento difficile, l’incertezza che si viveva allora. E l’idea di un nuovo cinema che fosse anche impegno civile. Per Redford la strada è stata sempre questa.

Ma non dimentichiamo anche che Robert Redford è stato l’eroe romantico di tante storie d’amore, l’attore che ha fatto innamorare milioni di donne, e continua a farlo ancora, perché certi film vanno rivisti e rivisti.  Questa ragazza è di tutti, con Nathalie Wood (1966) che aveva dato anche inizio al fortunato sodalizio con Sydney Pollack prima dei grandi film degli anni Settanta, A piedi nudi nel parco (1967), di Gene Saks, accanto a Jane Fonda. E soprattutto Come eravamo (The Way We Were, del 1973), ancora diretto da Sydney Pollack, nel quale forma un’indimenticabile coppia con Barbra Streisand. È forse la commedia romantica a cui il pubblico è più affezionato, quella che non ci si stanca mai di vedere. Come La mia Africa (1985), che lo vede accanto a Meryl Streep sotto la direzione di Sydney Pollack. La scena in cui lava i capelli a lei in un fiume contiene molto più eros ed intimità di tante sequenze di passione esplicita. Anche se non possiamo definirla una semplice commedia sentimentale, non va dimenticato Il Grande Gatsby (1974), tratto dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald.

C’è anche un Robert Redford regista. Ed è un grande regista. Il primo film che dirige, Gente comune nel 1981, gli vale l’Oscar per la miglior regia. Seguiranno Milagro, In mezzo scorre il fiume (1992), sul dialogo tra genitori e figli, e Quiz Show (1994), ambientato agli albori della tv, che gli valse una seconda nomination agli Oscar. E ancora L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998), La leggenda di Bagger Vance (2000). E Leoni per agnelli (2007), legato alla guerra in Afghanistan e ancora attualissimo. Si parla di guerra e di pace, di chi combatte in prima linea (i leoni) e di chi resta dietro ma prende le decisioni (agnelli). Redford è anche attore in uno degli episodi, in cui è un professore universitario che parla di politica con uno studente. È una parte girata completamente in interni, attorno a una scrivania, in cui il volto, lo sguardo magnetico, la parola di Redford tengono incollati allo schermo. Si tratta del Redford impegnato, dell’artista dall’anima liberal che torna in gioco. The Conspirator (2010) e La regola del silenzio (2012) saranno i suoi ultimi film da regista. Da attore, ci sono stati il citato Old Man & The Gun, ma anche i ruoli da Cattivo in Captain America: The Winter Soldier e in Avengers: Endgame. Proprio il primo di questi film voleva evocare l’atmosfera dei thriller politici anni Settanta, come I tre giorni del Condor. E Redford è stato chiamato proprio in omaggio a quel mondo.

E poi c’è il Robert Redford mecenate, uomo di cinema a tutto tondo, che si è speso per aiutare il cinema e i nuovi talenti. È da una sua idea, e del suo sodale Sydney Pollack, che nel 1981 nasce un importante istituto cinematografico, il Sundance Institute, nelle sue proprietà nello Utah. Il nome è dovuto a quello del suo personaggio nel film Butch Cassidy, ovvero Sundance Kid. Da quell’esperienza, che ha sostenuto per anni i giovani cineasti, nasce nel 1991 il Sundance Film Festival, il più importante festival del cinema indipendente. Da quel momento, grazie a quel festival, sono fioriti decine e decine di talenti. Ma, soprattutto, è nata un’idea. Che tutti ce la potessero fare, che il cinema non fosse solo quello dei grandi studios. Un’idea che esiste ancora oggi, ed è uno dei lasciti più importanti di Robert Redford. Ethan Hawke, attore che al Sundance e a quel mondo deve molto, ha salutato così ieri il grande attore. “Robert Redford, il nostro massimo paladino del cinema indipendente, instancabile sostenitore della narrazione autentica e fervente ambientalista. L’eredità di Robert rimane radicata nella nostra cultura, trasformata dalla sua arte, dal suo attivismo e dalla fondazione del Sundance Institute e del Sundance Film Festival”.

di Maurizio Ermisino

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