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Venezia 82, Il Mago del Cremlino: Jude Law non è James Bond, ma Putin

Venezia 82, Il Mago del Cremlino: Jude Law non è James Bond, ma Putin

Elegantissimo, bellissimo, cool come pochi altri. Con il suo smoking con la giacca bianca, gli occhiali da sole, i capelli pettinati all’indietro, ha fatto pensare a molti la stessa cosa. Che sarebbe perfetto per essere il nuovo James Bond sul grande schermo. Stiamo parlando di Jude Law, inglese, divo del cinema da più di vent’anni, che ha illuminato la Mostra del Cinema di Venezia e il suo red carpet. Ovviamente non sarà il prossimo 007, ma solo per limiti d’età. È invece qui per impersonare un personaggio che è qualcosa di letteralmente agli antipodi di James Bond, cioè Vladimir Putin. Ovvero Il Mago del Cremlino, come recita il titolo del film di Olivier Assayas che è stato presentato in concorso al Festival.

Il Jude Law che vediamo ne Il Mago del Cremlino è impressionante, e lontanissimo dalla star che abbiamo visto sul red carpet. Ma l’attore inglese ci ha spesso sorpreso con le sue trasformazioni sul grande schermo. Il suo Putin colpisce per il lavoro sul corpo, e sulla postura, che evoca quella del leader russo, per i capelli biondastri, radi e pettinati da un lato. Colpisce, soprattutto, per lo sguardo, allo stesso tempo torvo e dimesso, ma in grado comunque di incutere timore. Perché il potere è questo. “Abbiamo cercato tratti familiari su di me, ma non dovevo personificare Putin e nascondermi in una maschera prostetica, anche se è straordinario cosa può fare una parrucca” ha raccontato Jude Law. “Ho imparato a fare judo come lui. La parte più complessa è il suo volto pubblico, che lascia trapelare poco. Avevamo molto materiale d’archivio: ho costruito un Putin un po’ goffo, a disagio nel parlare, facendo tesoro della scena iniziale, quando dice, mentre prende il potere, che fino ad allora aveva parlato in pubblico una o due volte e non era stato un successo”.

Ma Il Mago del Cremlino è una vera e propria gara di bravura. Perché il controcampo di Putin è Baranov, il suo consigliere, un personaggio immaginario ma ispirato a Vladislav Surkov, il vero artefice dell’ascesa al potere di Putin, che si potrebbe definire il suo spin doctor se non fosse un termine americano. Il Mago del Cremlino è lui. Il contraltare di Jude Law allora è Paul Dano, l’attore che interpreta Baranov. Il suo volto spigoloso, duro, glabro è un unicum nel mondo del cinema, e la sua è una grande interpretazione. È uno di quegli attori che amiamo odiare da quando lo abbiamo visto per la prima volta, ne Il Petroliere di P.T. Anderson, ma anche in Youth di Paolo Sorrentino.

“Putin è un manipolatore che con le sue strategie ridefinisce il concetto di politica moderna” ha commentato il regista Olivier Assayas. Il Mago del Cremlino è stato scritto da Assayas con Emmanuel Carrère, riprendendo il romanzo di Giuliano da Empoli, edito in Italia da Mondadori. Racconta la storia Putin e del suo consigliere dal 1990 al 2013: complesso e lungo, 156 minuti, arriverà in Italia il prossimo anno distribuito da 01 Distribution. È un modo per scoprire i retroscena della carriera di Putin, ex agente del KGB, un uomo che ama il judo e la caccia, che veniva dal nulla e ha puntato a ricostruire la potenza della Russia puntando sulla sicurezza e, di fatto, riportando il Paese a un regime simile in parte a quello sovietico. Ma è anche un modo per capire chi gli è stato accanto: Vadim Baranov, alias Vladislav Surkov, scienziato, regista teatrale, produttore televisivo e poi consigliere di Putin. Un uomo che ha fatto salire al potere Putin pensando di poterlo controllare. Si sbagliava.

Il Mago del Cremlino è un film interessante, ma forse ipertrofico. “Troppo, perché questa specie di fluviale confessione assomiglia a una lezione (sul potere, i suoi inganni, i suoi errori) più che a un racconto per immagini” scrive Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera. “Non basta l’intrusione della bella Ksenia (Alicia Vikander) per farci appassionare all’ascesa e alla ritirata di Baranov: forse Assayas avrebbe avuto bisogno di una lunghezza maggiore (come per Carlos), forse doveva puntare su meno episodi, ma alla fine ringrazi per il bigino di storia russa ma la folgorazione cinematografica non arriva”.

Ma è interessante anche la lettura che ne fa Tommaso Tocci su MyMovies. “Si ha l’impressione che film e romanzo siano condannati dall’esistere in un mondo precedente all’invasione dell’Ucraina, e che lo sguardo (già profondamente eurocentrico) gettato dietro la cortina di ferro putiniana si accontenti di letture limitate a una teoria del caos in cui nulla ha più senso come spiegazione delle strategie di Baranov. Una visione basata su un enigma inconoscibile che forse questi anni di conflitto hanno incrinato e smitizzato, nonché una narrativa lineare e digeribile che sembra partorita dallo stesso Baranov, a cui il film dà più e più volte l’opportunità di deridere l’Occidente come vittima dei suoi sotterfugi comunicativi”.

È un film da vedere però, proprio per capire quello che è stato Putin prima di assurgere agli onori della cronaca nuovamente come uno dei signori della guerra. E per vedere l’ennesima grande prova di Paul Dano e Jude Law. Non sarà James Bond, dicevamo, perché si cerca un attore trentenne, o anche più giovane, perché sia il volto di 007 per più di un film. Jude Law allora stavolta ci arriva dalla Russia con potere, senza paura di mortificare la sua bellezza per cercare ruoli inusuali. Lo ha fatto più volte: da quei denti storti aggiunti per essere un giornalista credibile in Contagion, a L’ultima regina – Firebrand, dove era un corpulento e animalesco Enrico VIII. È anche da queste cose che si giudica il coraggio di un attore.

di Maurizio Ermisino

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