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I Fantastici 4: Gli inizi: Il senso della famiglia vince in un mondo in cui non siamo al sicuro

I Fantastici 4: Gli inizi: Il senso della famiglia vince in un mondo in cui non siamo al sicuro

Amore è… “spostare il cielo e la terra per te”. È proprio vero. Ed è anche vero che una famiglia è “lottare per qualcosa che vada oltre te stesso”. Per rilanciare il suo universo, e festeggiare il ritorno a casa (solo ora, per una questione di diritti) di un gruppo di personaggi tra i più importanti della loro storia, la Marvel punta sulla famiglia. E così I Fantastici 4: Gli Inizi, dal cinema dal 23 luglio, oltre a una storia di supereroi, come è ovvio che sia, è anche un’analisi di cosa vuol dire far parte di un nucleo familiare. Ed è questo quello di cui parla il film. Rinunciare a qualcosa di se stessi per gli altri, non lasciare nessuno indietro (ricordate Lilo & Stitch?), avere paura di quello che sarà il futuro, e pensare al mondo che si sta costruendo, perché è lì che vivranno i nostri figli. E anche pensare, con apprensione, a chi diventeranno questi una volta grandi. I Fantastici 4: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige.

I Fantastici 4 sono Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Ben Grimm/La Cosa (Ebon Moss-Bachrach) e Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn). Eroi ormai conclamati e amati da tutto il mondo, ora sono alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Sono infatti costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare. Devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.

Per raccontarci, per la prima volta nel suo universo condiviso, I Fantastici 4, la Marvel ci riporta indietro nel tempo, agli anni Sessanta, per cui costruisce un affascinante contesto retro-futuristico, immaginando i Sixties com’erano, ma con l’aggiunta di una tecnologia che li ha cambiati e resi più moderni. In una New York colorata di tinte pastello, con l’azzurro delle tute dei nostri eroi come colore di riferimento, così, mentre i nostri eroi salvano il mondo, scorrono la storica pubblicità della Coppertone (ma opportunamente modificata), le hostess della Pan-Am, la Pop Art di Andy Warhol e gli show televisivi della ABC. È il mondo, per capirci, della serie Mad Men.

È un mondo retrò in cui la Marvel ci aveva già portato qualche anno fa, anche se in modo diverso, con la serie WandaVision, creata per la piattaforma Disney+. Come in quella serie, anche qui sembra che gli anni Sessanta si possano rivivere solo attraverso i toni della sitcom, con leggerezza, sorrisi, superficialità. La forza e il limite de I Fantastici 4: Gli Inizi, per quanto riguarda la prima parte, è questo. Gli anni Sessanta ci avvolgono e ci affascinano. Ma la sitcom toglie pathos e dramma. Per cui, poi, non è semplice sintonizzarsi sul tono più drammatico e intenso della seconda parte. Pian piano però ci si riesce, fino a un finale commovente e intenso.

Quanto a “Gli Inizi” di cui recita il sottotitolo del film (ma, in originale, è “First Steps”, “primi passi” e allude anche a un piccolo protagonista della storia), la storia in realtà non racconta proprio gli inizi. O meglio, li evoca in un veloce montaggio ellittico, ma, come il nuovo Superman di James Gunn, non si tratta di un’origin story. Il film vede i Fantastici 4 ben saldi nell’immaginario collettivo, nell’amore della gente e nello star system dei supereroi, accettati, rispettati e integrati. A differenza della maggior parte degli eroi, poi, la loro identità è nota e non esiste una doppia vita. Gli eroi e gli alter ego umani sono un tutt’uno.

Nella seconda parte I Fantastici 4 diventa un altro film, quello che si chiedeva alla Marvel per l’ennesima ripartenza del suo MCU, un film epico che si muove tra space opera e film catastrofico, un po’ Star Wars e Guardiani della Galassia, un po’ Godzilla e Armageddon. I nostri eroi se la cavano bene, personaggi sono ben scritti e interpretati alla grande, se pensiamo che sono in grado di tirare fuori tutte quelle emozioni recitando davanti a un green screen, cioè guardando il nulla.

Su tutti spicca una magnifica Vanessa Kirby che ha gli occhi innamorati della Principessa Margaret delle prime stagioni di The Crown, occhi di zaffiro liquidi e vivissimi. E che, nel finale, riesce a farci davvero capire fino a dove può arrivare l’amore di una madre per il proprio figlio. Occhi vispi, caldi, accoglienti sono anche quelli di Joseph Quinn, che qui porta con sé l’empatia e il senso dell’amicizia di uno suo personaggio storico, l’Eddie Munson di Stranger Things. Pedro Pascal porta il suo volto roccioso, solido, espressivo senza mai andare oltre la misura, perfetto per il suo personaggio, che del gruppo è l’anima razionale, essendo uno scienziato. Menzione speciale anche per Ebon Moss-Bachrach, che attraversa tutto il film ammantato di un personaggio in CGI nei panni de La Cosa e, nonostante questo, riesce a trasudare umanità solo attraverso gli occhi. Altre menzioni per Paul Walter Hauser, che interpreta un villain minore, ma anche per pochi minuti riesce a portare divertimento e caos nel film, come in ogni sua apparizione. E, soprattutto, per Julia Garner: la sua Silver Surfer declinata al femminile è davvero, come dice la Torcia Umana, sexy e affascinante. E il suo personaggio ha un arco narrativo compiuto, uno sviluppo, un senso pur apparendo in poche sequenze. La vedremo, forse, nei panni di Madonna nel biopic dedicato alla star.

Restano da dire ancora un paio di cose. Come ogni filmancora di più da quando Thunderbolts*, aka The New Avengers, ha riacceso l’attenzione per il racconto corale che è sempre stato quello della Marvel, anche I Fantastici 4 va visto nell’economia dell’intero universo. I Fantastici 4 entrano a pieno diritto nel Marvel Cinematic Universe, la cui storia avrà l’apice nei due film collettivi, quelli degli Avengers. Per questo, quando vediamo un film Marvel, aspettare le due scene post-credit è importante quanto guardare il film. Il Superman di James Gunn ci ha fatto capire che la DC non è ancora attrezzata in questo senso, regalandoci due scene inutili. I Fantastici 4 fa un po’ meglio: anche qui una è inutile – ma divertente – mentre l’altra è decisiva e ci porta proprio al prossimo film de I Fantastici 4. Quanto alla loro connessione con il mondo degli Avengers, ci aveva pensato già, con una bellissima scena, proprio Thunderbolts*. Il percorso, però, è ancora lungo. Per ora I Fantastici 4 sono ancora lontani, nello spazio ma soprattutto nel tempo, dagli Avengers. Ma saranno sicuramente tra i personaggi chiave della nuova squadra di supereroi.

Ci interessa però capire perché ambientare la storia negli anni Sessanta. Probabilmente è un omaggio alla nascita del quartetto, ideato da Stan Lee e Jack Kirby proprio nel 1961, un modo per omaggiarli e, per una volta, far vivere i personaggi nel mondo e nell’era in cui sono nati. Ma forse, anche involontariamente, c’è dell’altro. Sembra quasi che si sia voluto portare i nostri eroi in un’età dell’oro ormai perduta della società americana, a un’età dell’innocenza in cui l’America, pur con le prime crepe (il Vietnam, Nixon, gli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King) sembrava ancora essere un punto di riferimento, un faro nel mondo, un esempio di democrazia. A distanza di 15 anni, era ancora l’America che aveva liberato il mondo dal Male, cioè dai nazisti. Ora tutto questo non c’è più, e di quell’America tutti sentono la mancanza.

Così, ancora una volta involontariamente, come per il Superman di James Gunn, si sente disperatamente il bisogno di eroi, la loro assenza nel mondo di oggi. E, attenzione, non avremmo bisogno della Susan Storm che con i suoi poteri spinge Galactus oltre il punto di non ritorno. Avremmo bisogno della Susan Storm che va a parlare di fronte alle Nazioni Unite. Magari di genocidio. Perché il mondo di oggi si rispecchia in un dialogo del film. “Siamo al sicuro?” “Non lo so”.

di Maurizio Ermisino

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