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Mani nude: Il “Fight Club italiano”, ma anche molto di più…

Mani nude: Il “Fight Club italiano”, ma anche molto di più…

Potreste chiamarlo, a prima vista, il Fight Club italiano, per la storia e per le atmosfere. Ma Mani nude di Mauro Mancini, presentato alla Festa del Cinema di Roma e in uscita al cinema il 5 giugno, è molto di più. È un viaggio all’inferno, uno sprofondo dentro un mondo grigio piombo senza via d’uscita. È quello in cui capita Davide, un ragazzo che una notte viene rapito e rinchiuso dentro un cassone buio di un camion. Inizialmente incredulo e smarrito, capisce ben presto di essere stato fatto prigioniero da un’organizzazione criminale che lo costringe a lottare, a mani nude, in combattimenti clandestini estremi. Senza regole, senza protezioni, senza pietà. Mani nude è tratto dall’omonima graphic novel di Paola Barbato, la sceneggiatrice di Dylan Dog, ed è prodotto da Eagle Original Content, Pepito Produzioni e Movimento Film con Rai Cinema. Arriva al cinema distribuito da Eagle Pictures. I protagonisti sono Alessandro Gassmann, Francesco Gheghi, Fotinì Peluso, Paolo Madonna, Giordana Marengo e Renato Carpentieri. Si parte da Fight Club, certo. Ma è solamente una semplificazione, un primo sguardo. È bene dire che Mani nude è un film con una sua personalità, che parte da quel modello e poi prende una strada tutta sua. È un film d’azione di livello internazionale che riesce a diventare un particolarissimo romanzo di formazione. E ancora, un film sul rapporto padre/figlio e su colpa e redenzione.

“A volte capita di incontrare le persone sbagliate. Stavolta è toccato a te”. È questo che dice Minuto (Alessandro Gassmann), carceriere e allenatore di uomini senza speranza e senza futuro, a Davide (Francesco Gheghi), appena lo cattura. Lasciate ogni speranza voi che entrate, si potrebbe dire di questa storia. Gli uomini che finiscono in quella nave portacontainer vivono come bestie, al limite. In combattimento non ci sono regole: si combatte a mani nude e chi perde muore. Mani nude si muove tra Fight Club e un incubo kafkiano. Quei ragazzi, e quegli uomini, si trovano in non luoghi come cave di pietra o enormi navi cargo: spazi enormi, ambienti freddi, duri, inospitali che ti annientano l’identità. I suoni dissonanti di Dardust, alla sua prima colonna sonora originale fanno il resto per creare un’atmosfera sinistra.

Alessandro Gassmann è straordinario. Ha dei tratti somatici, quel volto spigoloso e quegli occhi piccoli, che gli permettono spesso di fare il duro, il cattivo, lo spietato, ma con l’umanità negli occhi. Il suo Minuto è un personaggio che ci porta in un mondo di violenza. Una violenza irreale, ma che coglie in modo simbolico quella del mondo di oggi. Ma la vera rivelazione è il giovane Francesco Gheghi, visto in Familia di Francesco Costabile, che qui si dimostra un attore straordinariamente versatile. Il suo Davide è un cucciolo che diventa belva, per poi diventare ancora altro.

Ma il film, tra enormi sequenze di buio, accende anche la luce. È Fotinì Peluso, seducente e dolcissima, ancora una volta in un ruolo riuscito dopo Cosa sarà e Tutto chiede salvezza, è tutto quello che c’è al di fuori di quel mondo: la vita e l’amore. Una delle poche donne, insieme a Giordana Marengo, in un mondo di uomini.

Il film è girato con molti totali, molti campi lunghi, inquadrature che servono a mostrarci l’ambiente dove si muovono i personaggi. Così che gli attori, nella prima parte, pur con volti potenti, non sono mai in primo piano, quanto figure funzionali alla storia, come strumenti che vibrano ma dentro un’orchestra. Volti inghiottiti dal buio e dalla ruggine. Nella seconda parte escono fuori e arrivano i volti, i personaggi.

Fight Club è omaggiato soprattutto in una scena, in cui si riprendono le inquadrature tipiche del film di David Fincher, con la mdp che gira intorno ai lottatori, e i piani americani con cui vengono ripresi. Ma Mani nude è un film molto diverso. Manca tutto il discorso politico del libro di Chuck Palahniuk, la rivolta contro il consumismo, la ricerca dell’identità. Ma, soprattutto, la lotta in Fight Club era vista come una rinascita, una riaffermazione del proprio io. Qui è la negazione, e porta sempre, o quasi, verso la morte. Per rinascere bisogna fuggire da quel mondo. È piuttosto un film su delitto e castigo, colpa e redenzione, peccato e perdono. È un film di quelli che in Italia non si fanno mai, o si fanno poco. E in questo c’è il coraggio di Eagle. Ora che dal cinema italiano arriva un film che non è il solito, però, andiamo a vederlo. Al cinema.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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