Eliot (Paul Rudd) e Ridley (Jenna Ortega sono un padre e una figlia, che si trovano in viaggio insieme dopo aver affrontato un lutto, la perdita dell’amata moglie e madre. Non è un viaggio qualsiasi, e neanche un viaggio di piacere. Eliot sta per avere un importante incarico in una fondazione, e il magnate, che è malato terminale, prima di affidargli il ruolo di rappresentante della sua famiglia nella società, che si occuperà di filantropia, vuole conoscerlo meglio, e conoscere anche la sua famiglia. Sulla strada per l’imponente magione, però, hanno un incidente, e investono un animale. Strano a credersi, ma si tratta di un unicorno. Che sembra essere morto, ma… Da questo spunto nasce la storia di Death Of A Unicorn, il nuovo film in Alex Scharfman, prodotto da A24 e in uscita il 10 aprile distribuito da I Wonder Pictures.
Come si capisce chiaramente dalla storia, Death Of A Unicorn ha la sua forza nel mettere un elemento fantastico, anzi la figura fantastica per eccellenza, in un contesto reale, quello del mondo di oggi, con tutte le sue regole. La sorpresa sta proprio in questo: come l’arrivo di queste creature vada ad inserirsi nella vita di persone che sono occupate in tutt’altri problemi, e che tutto si aspettano tranne che quell’arrivo. Anche se poi il loro comportamento metterà in luce la loro vera natura. Che è il solito comportamento dell’essere umano nei confronti della natura. Al di là dalla fantasiosa storia, il senso del film potrebbe essere proprio questo.
Death Of A Unicorn è un film della A24, la casa di produzione ormai sinonimo di successo (Everything Everywhere All At Once, Midsommar, Moonlight, La zona di interesse, la serie Euphoria e tantissimi altri), ma soprattutto di originalità, di strade sempre nuove da battere. E Death Of Unicorn ha una sua personalità. È un film che riesce a spiazzare. A lungo, infatti, non capiamo da che parte stia andando: sembra una commedia, poi un fantasy, poi un giallo o una satira sul mondo dei nuovi ricchi. Pian piano svela la sua vera natura. Quella di un horror sui generis. A proposito: horror e critica dei nuovi miliardari sembrano andare sempre più a braccetto, vedi titoli come Blink Twice e Opus – Venera la tua stella.
Così come svelano la loro vera natura gli unicorni. Oggi sono creature amatissime, soprattutto dalle bambine, per come sono raccontate dal cinema d’animazione e dal mondo dei giocattoli. Ma se gli unicorni non fossero quello che crediamo oggi? Forse un tempo erano visti in modo diverso, come esseri dotati di poteri magici, ma anche impossibili da catturare, vendicativi e pericolosi. Qual è allora la verità? Le leggende dicono che una fanciulla pura di cuore può essere in grado di calmarli.
La ragazza pura di cuore è una Jenna Ortega inedita. E questo non fa che confermare la versatilità di un’attrice che, pur giovanissima, ha già lasciato il segno molte volte e in modi diversi. Qui, lontana dalle tinte dark di Mercoledì e da quelle horror di Scream, entra in scena con un aspetto meno glamour. Punta ad essere una ragazza qualunque, acqua e sapone, la ragazza della porta accanto, un po’ alternativa. In tuta, sneakers e t-shirt, porta un piercing alla base del naso, e, per esigenze di copione, ha anche un po’ di acne sul viso. Che si rivelerà un aspetto importante per il racconto. Ma, come le accade spesso, Jenna Ortega è anche il personaggio sagace e intraprendente che risolve le cose. Accanto a lei, Paul Rudd fa un po’ il suo solito ruolo, quello del padre rassicurante, ma giovanile e in gamba, un po’ sulla falsariga del suo personaggio in Ghostbusters: Legacy.
L’unica cosa che non convince del film è il tono sopra le righe dei padroni di casa, i ricchi della storia. È una scelta che probabilmente ce li vuole far passare come persone stupide, vacue e per questo, come ogni buon horror insegna, sacrificabili. Però è qualcosa che fa perdere in parte quel realismo in cui si inserisce il magico, facendo perdere un po’ della credibilità della storia. Se pensi di stare assistendo a una farsa ti diverti, ma poi non partecipi emotivamente a quello che succede. Ma è un difetto minore in un film che non tradisce le attese.
di Maurizio Ermisino
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