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Companion: La donna come ancora oggi la vorrebbero certi uomini…

Companion: La donna come ancora oggi la vorrebbero certi uomini…

Josh e Iris si incontrano in un supermercato. Si guardano negli occhi ed è amore a prima vista. Lui fa anche cadere tutte le arance dallo scaffale, come si addice a ogni innamorato da che mondo è mondo. I due diventano immediatamente una coppia. E li vediamo andare insieme in viaggio per un weekend con amici in una casa in riva al lago. Fin qui tutto bene. Ma già il secondo giorno qualcosa inizia ad andare storto… Comincia così Companion, il film di Drew Hancock che mescola thriller, fantascienza, commedia romantica e di costume. Arriva nelle nostre sale il 30 gennaio. E arriva in un momento in cui l’Intelligenza Artificiale è al centro del dibattito. E anche in un momento in cui l’emancipazione della donna lo è.

Sì, Iris – non è un grosso spoiler, si capisce dal trailer ed è svelato dopo 30 minuti – è dolcissima, bellissima, la donna perfetta. Ma è un robot. È un robot da relazione, da compagnia (sì, da sesso…) realizzato da un’azienda che si occupa di creare dei compagni e delle compagne per persone che si sentono sole e non hanno la fortuna (o la voglia) di avere delle relazioni. Una volta attivate, basta guardarle negli occhi a non più di un metro e “l’imprinting” è creato. Quell’Intelligenza Artificiale amerà per sempre chi l’ha richiesta.

Sull’onda di un film come La fabbrica delle mogli (1975), tratto dal libro di Ira Levin, rifatto nel 2004 con il titolo La donna perfetta e Nicole Kidman come protagonista, Companion è un’allegoria del modo in cui, ancora oggi, molti uomini vorrebbero che fossero le donne. “Iris è docile e ubbidiente” sentiamo dire. Ecco, ancora oggi gli uomini considerano le donne oggetti da sfoggiare, strumenti di piacere. Vorrebbero “compagne” da avere accanto che non parlano, se non a comando, che si possono mandare a dormire – Iris, go to sleep – che hanno anche un’intelligenza limitata, in modo da non creare problemi. Chi ordina un robot come Iris, infatti, può anche regolare l’intelligenza della sua compagna: dallo 0%, al 100%.

Come accade in A.I. Intelligenza Artificiale di Spielberg, i robot si affezionano agli umani come da programma. E, come in Westworld, è possibile che i robot però prendano coscienza di sé. Come in Westworld, capita che questi essere artificiali siano più “puri” degli umani, che ancora una volta si riveleranno avidi, gretti, insensibili. Per cui anche qui si fa il tipo per il robot – o replicante, automa, cyborg o mecha come è stato chiamato a seconda di vari romanzi o film – perché, in fondo, è un essere molto più onesto. In Companion vi troverete a fare il tifo per Iris. Siamo diventati così disumani, che i robot sono più umani di noi.

Come si può capire, Companion è un film che ne racchiude molti altri. È inevitabile quando si parla di film di questo tipo. A nostra memoria, il cinema riflette sull’Intelligenza Artificiale dalla fine degli anni Sessanta, con 2001: Odissea nello spazio. Ancora più sono le opere che riflettono sulla possibilità di replicare l’essere umano: dal citato La fabbrica delle mogli a Il mondo dei robot (il film da cui è tratto Westworld) al capolavoro Blade Runner (anche qui si riprende il tema dei ricordi artificiali che fanno credere al robot di aver vissuto davvero) fino a Terminator, per citare i primi film sul tema. Oggi però l’AI è qualcosa che in parte è realizzato, per cui siamo ogni profezia che arriva ci sembra più vicina a realizzarsi. È per questo che seguiamo Companion – il cui livello artistico non può ovviamente essere quello dei grandi film sul genere – con un pizzico di attrazione e inquietudine in più.

Se seguiamo questo film con piacere è anche questione del tono così particolare. Drew Hancock mette da parte i toni oscuri dei film che di solito si occupano del tema per raccontare tutto con un tono ironico, a tratti comico, grottesco. Pur con l’inquietudine di fondo ci si diverte molto a vedere questo film. Forse proprio in omaggio a La fabbrica delle mogli il look di Iris e certe atmosfere ci portano verso gli anni Cinquanta, quelli in cui era nato il mito della moglie perfetta. Come per le AI, anche qui vale lo stesso discorso: quella del ruolo della donna nella famiglia è una questione portata più volte al cinema, ma il momento storico oggi ci fa vedere tutto in modo diverso.

Al centro di tutto, nel ruolo di Iris, c’è Sophie Thatcher, vista in Yellowjackets. La giovane attrice ha un viso molto particolare: gli occhi mandorla vedere giada, il naso all’insù, la bocca a cuore, sottolineato dal rossetto rosso che il ruolo prevede, e le lentiggini. Dotata di un fascino notevole, l’attrice è bravissima a interpretare un robot che a sua volta è molto umano. Per cui si tratta di raffreddare la recitazione e poi riscaldarla di nuovo. Non è facile. E se il film è riuscito è anche merito della giovane attrice.

di Maurizio Ermisino

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