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Nosferatu: Robert Eggers riporta i vampiri alla loro origine di esseri spaventosi

Nosferatu: Robert Eggers riporta i vampiri alla loro origine di esseri spaventosi

Sarà un Capodanno da brividi. Al cinema il 1 gennaio 2025, arriva Nosferatu, una personale e attesa rivisitazione di un grande classico dell’horror di Murnau del 1922 diretta da Robert Eggers, il regista cult di The Witch, The Lighthouse, The Northman. Il seguito che sta avendo il regista, l’amore per una figura come Nosferatu, e per i vampiri in generale, il cast del film, che annovera Nicholas Hoult, Lily-Rose Depp, Aaron Taylor-Johnson, Willem Dafoe e Bill Skarsgård, ne fanno uno dei film più attesi di queste feste. E dell’inizio del 2025.

Germania nel 1838: Thomas Hutter e la moglie Ellen vivono nella città di Wisborg. Hutter lavora per Knock, un agente immobiliare che lo manda sulle montagne della Transilvania, nei Carpazi, per finalizzare la vendita di una tenuta con il Conte Orlok. Hutter, dopo essere stato ricevuto da Orlok, scopre il segno delle zanne sul suo collo e capisce che il Conte è in realtà un vampiro. E che il suo obiettivo è la moglie Ellen.

La storia la conoscete tutti. È quella del Dracula di Bram Stoker, a cui nel  si ispirò Murnau nel 1922, ma senza detenerne i diritti. Il film inizia con delle scene in bianco e nero, figlie dell’Espressionismo tedesco degli anni Venti del secolo scorso. Poi torna ad un’immagine a colori, ma con dei toni desaturati: dominano il grigio, il celeste, un verde livido. Altre scene, illuminate da luce naturale, o girate come per sembrare che lo siano, hanno una patina dorata. Si ha la sensazione, durante tutto il film, di stare in una dimensione a parte, fuori da ogni tempo. Non è certo un lo stile di un film degli anni Venti, ma non è nemmeno un film di oggi. È un film che sta da qualche parte tra il 1922 e il 2024, forse a metà, in una terra indefinita. È un film fuori dal tempo e dalle mode. Che ha l’ambizione di puntare in altro, confrontandosi con i grandi.

Tutto il film sembra ruotare intorno al desiderio per Ellen, e intorno al corpo e al volto di Lily-Rose Depp. Il regista fa in modo che anche il pubblico la guardi come la guarda Nosferatu, che percepisca il suo stesso desiderio. E così, come in un corteggiamento, la regia svela man mano la bellezza dell’attrice, spogliandola nel finale, in cui il desiderio del vampiro potrebbe essere vicino ad essere realizzato. Gli zigomi alti, l’ovale del volto perfetto, gli occhi grandi, rotondi, infuocati: Lily-Rose Depp, con il suo volto che è la perfetta unione di quello dei suoi genitori, Johnny Depp e Vanessa Paradis, è perfetta come oggetto del desiderio del vampiro, come lo era Winona Ryder, nei panni di Mina Harker, in Dracula di Bram Stoker.

Il contraltare di Ellen è il Conte Orlok, Nosferatu il vampiro. La regia, per la prima parte del film, lo tiene ancora nascosto. Non ne inquadra subito il volto, se lo inquadra lo lascia fuori fuoco. Quando lo mostra, è evidente il lavoro sul personaggio. Nosferatu ha una sua potenza belluina, è simile a un animale. Le mani sembrano artigli, il volto e il corpo sembrano quelli di una belva, ricoperti di peli. Quel volto è emaciato, e gli occhi sono scavati. A interpretarlo è Bill Skarsgård, ormai abbonato a ruoli horror, in cui il volto è ricoperto da un pesante trucco: prima di Nosferatu è stato il clown di It e il protagonista del remake de Il Corvo. L’attore ha fatto un grande lavoro sulla voce, che è profonda, cavernosa, inquietante.

Il nuovo Nosferatu non regge il confronto né con il Nosferatu di Murnau, né con quello di Werner Herzog. E nemmeno con Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola. Anche il fatto di conoscere molto bene la storia, e averla vista più volte, non aiuta quando parliamo di un film dell’orrore. Il Nosferatu di Eggers non è un film spaventoso, ma un film raccapricciante e brutale. Non ha nulla della stilizzazione del film originale, capolavoro dell’Espressionismo tedesco. E non ha neanche il romanticismo del Dracula di Coppola. In sintesi, il film di Eggers manca di una ragione d’essere, di un motivo per cui essere girato. È un esercizio di stile. È però un buon horror, da vedere al cinema se vi piace il genere. E, se non altro, ha il merito, dopo anni di Twilight in cui sono stati eroi romantici, di riportare i vampiri alla loro origine di esseri inquietanti e spaventosi.

di Maurizio Ermisino

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