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La stanza accanto: Il cinema di Pedro Almodóvar cade lieve sui vivi e sui morti

La stanza accanto: Il cinema di Pedro Almodóvar cade lieve sui vivi e sui morti

La neve cade sul cimitero solitario, cade lieve nell’universo, e cade lieve su tutti i vivi e sui morti.” Le parole de I morti (The Dead), il racconto di James Joyce diventato Gente di Dublino – The Dead, un film di John Huston, sono uno dei fili conduttori del nuovo film di Pedro Almodóvar, La stanza accanto, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Leone d’Oro, e che ora arriva finalmente nei nostri cinema, dal 12 dicembre. È il primo film di Almodóvar in lingua inglese, con due straordinarie attrici come Tilda Swinton e Julianne Moore. È un film più trattenuto e sobrio rispetto all’Almodóvar che conosciamo. È il tema che lo richiede: si parla di morte, e della possibilità di scegliere il modo e il momento in cui lasciare questo mondo. SI parla di eutanasia. Ed è anche il cast che si presta a questo grande controllo, perché le attrici in scena sono perfette per questo lavoro sulle emozioni. Dolore, commozione e ironia ne La stanza accanto sono dosati alla perfezione.

Ingrid (Julianne Moore) e Martha (Tilda Swinton) sono due vecchie amiche che hanno lavorato insieme per anni in una rivista di New York. Ingrid è diventata una nota autrice di romanzi e Martha una corrispondente di guerra. Si erano perse di vista: ma quando Ingrid apprende che Martha è ricoverata in ospedale per un tumore in stato avanzato, va a trovarla. Martha confessa ad Ingrid che non ha intenzione di “andarsene dopo un’umiliante agonia”, ma congedarsi dal mondo con dignità. Martha le propone di accompagnarla in qualche posto lontano da New York per mettere fine alla sua vita. Ingrid non dovrà fare nulla. Martha, il giorno che deciderà di andarsene, non vuole essere sola. Vuole che ci sia qualcuno nella stanza accanto.

La stanza accanto è il primo film in lingua inglese di Pedro Almodóvar. E, al di là della lingua, la questione riguarda la recitazione degli attori. Che è più contenuta non solo nelle parole, ma nelle movenze e nella mimica facciale, rispetto a quella di molti attori spagnoli degli altri film del regista. Julianne Moore e Tilda Swinton sono bravissime nei dialoghi, ma anche negli sguardi e nelle controscene, i controcampi, in cui vediamo le reazioni alle parole. Anche quando non parla, un attore sente, reagisce.

E una delle chiavi della riuscita del film sono proprio loro, le attrici. Julianne Moore è in scena con il look che l’ha resa famosa, i proverbiali capelli rossi e gli occhi verdi, che trasudano empatia a ogni inquadratura. Ha un sorriso tenero, rassicurante, accogliente. Uno di quei sorrisi che ti vuole dire che andrà tutto bene. Tilda Swinton è in scena con il suo aplomb classico. Il volto è emaciato, per ragioni di copione, al di là della magrezza naturale dell’attrice. I capelli sono acconciati in un taglio maschile, corti sulle tempie e con un ciuffo pettinato da un lato. Sceglie di truccarsi, a un certo punto della storia. A guardarla, come si dice spesso, sembra di vedere David Bowie: il sorriso, certi movimenti della bocca sembrano quelli. E pensare al destino che ha portato via Bowie e alla storia della sua Martha fa venire i brividi.

Tra le immagini che ricorderemo c’è quella delle due donne sdraiate fuori da quella casa in campagna, al sole, come in un quadro di Hopper. Le ricorderemo mentre ridono guardando un film di Buster Keaton. O mentre guardano quel film di John Huston, Gente di Dublino. Il suo primo film americano è l’occasione per Almodóvar di mostrare l’America che ama, oltre a criticarne alcuni aspetti, tra le righe dei suoi dialoghi. A proposito di Gente di Dublino, quel film e il racconto di James Joyce sono uno dei fili conduttori de La stanza accanto, ricorrendo spesso lungo il film, come La sera della prima di John Cassavetes e Un tram che si chiama desiderio di Tennesse Williams / Elia Kazan scorrevano sottotraccia in Tutto su mia madre.

Pedro Almodovar è stato sempre il regista che riusciva a prendere l’incredibile e a renderlo credibile grazie all’emozione e all’empatia. Quella de La stanza accanto è invece una storia reale e molto dura. Una storia che sarebbe un perfetto melodramma naturale, se il regista non riuscisse, come invece fa, a tenere a freno la commozione, usando l’intelligenza, la riflessione e l’ironia. In qualche modo La stanza accanto è trattenuta anche a livello di colori, Almodóvar non rinuncia alle sue proverbiali tinte pastello, ma via via le smorza, a seconda delle situazioni, dei personaggi e dell’incedere del film.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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