Per suonare insieme bisogna trovare la sintonia, le stesse note, andare allo stesso ritmo. Ognuno di noi è fatto a modo suo, vive ai suoi ritmi e secondo le sue melodie. Per vivere però ci dobbiamo sintonizzare sulle frequenze degli altri. È questo uno dei messaggi de L’orchestra stonata, il nuovo film diretto da Emmanuel Courcol, che esce nelle sale italiane il 5 dicembre 2024. Il film è stato un vero caso: dopo aver incantato pubblico e critica al Festival di Cannes 2024, ha superato i 13 milioni di spettatori in Francia, prima di essere presentato nella sezione Best Of della Festa del Cinema di Roma. Arriva in Italia a dicembre, in anticipo sui film di Natale, ma è un perfetto film per le feste. È fatto di buoni sentimenti, certo, ma anche di quell’arguzia e quella delicatezza che sanno usare i francesi. L’orchestra stonata (En Fanfare, in originale) è una commedia dolceamara piena di musica e di un forte senso di solidarietà e fratellanza. Da vedere.
La storia de L’orchestra stonata inizia con un fatto drammatico. L’acclamato direttore d’orchestra Thibaut ha la leucemia e ha bisogno di un donatore di midollo osseo. Proprio a causa della sua malattia, scopre di essere stato adottato e che il perfetto donatore potrebbe essere suo fratello biologico. È un uomo che lavora in una ditta di minatori, dove fa il cuoco, e vive in una cittadina nel Nord della Francia. Con il fratello ha una cosa in comune. È la musica: suona il trombone nella fanfara locale. Una realtà vicina, e allo stesso tempo lontana, da quella di Thibaut.
C’è un piacevole nesso tra un pezzo della storia de L’orchestra stonata, e Così sarà, il commovente film di Francesco Bruni di qualche anno fa. Il fatto che una malattia, e un conseguente trapianto, permetta di riallacciare rapporti, di incontrare fratelli, di iniziare nuove relazioni. Bruno Salvati, il protagonista di Così sarà, scopriva di avere una sorella e iniziava un rapporto con lei. Thibaut scopre di avere un fratello. Le cose in comune tra i due film si fermano qui. Cosa sarà era il racconto di un viaggio nella malattia e la sua fine. Ne L’orchestra stonata la malattia è lo spunto per far partire la storia, anche se non la abbandona mami.
L’orchestra stonata ci parla di tante cose. Della famiglia, prima di tutto. Confermando quello che si dice da tempo: che siano di sangue, o di affetto, i legami hanno comunque valore. Ma è anche un film sulle occasioni che ci capitano nella vita. Il fratello di Thibaut poteva essere adottato insieme a lui, ma la famiglia adottiva ha scelto di non farlo, perché stava per arrivare un’altra figlia. Cosa sarebbe accaduto se anche lui avesse avuto le stesse possibilità di Thibaut? Se qualcuno gli avesse detto che aveva del talento per la musica e lo avesse incoraggiato a coltivarlo? L’orchestra stonata ci dice che diventiamo quello che diventiamo non solo in base ai nostri geni, ma anche in base all’ambiente in cui cresciamo.
Il messaggio che la musica possa unire chi è stato lontano per anni è molto bello. Tutto questo è raccontato con il tono giusto. C’è tanta musica nel film (da Giuseppe Verdi a Ravel a Miles Davis fino a Dalida) ed un tocco per cui il dramma si mescola alla commedia senza che nessuno prenda il sopravvento sull’altro. Dentro al film c’è anche un po’ dei Fratelli Dardenne, con quell’attenzione ai meno fortunati, e a quella fabbrica che rischia di chiudere. I volti sono quelli giusti, quelli di attori che non eccedono mai nella recitazione e che si rendono perfettamente credibili nei ruoli dei loro personaggi. L’orchestra stonata, in fondo, potrebbe essere la famiglia: persone diverse tra loro ma unite da qualcosa; persone che suonano le proprie note ma sono capaci, quando conta, di suonare allo stesso ritmo lo stesso spartito. Tutto questo è racchiuso in un ottimo film, che ha uno dei finali più belli che abbiamo visto negli ultimi tempi.
di Maurizio Ermisino