È dedicato a Jeff Beck, storico chitarrista rock scomparso di recente, Modi – Tre Giorni sulle Ali della Follia, il film che segna il ritorno alla regia di Johnny Depp, dopo venticinque anni dal suo esordio dietro la macchina da presa con Il coraggioso. Modi sarà nelle sale italiane dal 21 novembre, dopo essere stato presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma, dove Depp ha ricevuto anche il Premio alla Carriera. Jeff Beck ha sempre rappresentato il rock, la libertà, l’anticonformismo. E l’immagine di Johnny Depp che è arrivata a noi è sempre stata simile, quella dell’outsider, dell’anarchico, del pirata, di chi è fuori dagli schemi. Proprio come i tanti personaggi che ha interpretato sul grande schermo. È probabile che abbia trovato tutto questo nel giovane Amedeo Modigliani, vedendone una sorta di alter ego, una versione di sé giovane e d’antan, e abbia accettato di girare questa storia, affidando un ruolo che un tempo avrebbe interpretato lui a Riccardo Scamarcio. Nel cast ci sono anche Luisa Ranieri, Antonia Desplat (The French Dispatch, Operation Finale), Bruno Gouery (Emily in Paris, The White Lotus), Ryan McParland (Kissing Candice, Halo), Stephen Graham (Gangs of New York, This is England) e persino Al Pacino.
Modi – Tre giorni sulle ali della follia mette in scena settantadue ore nella vita dell’artista bohémien Amedeo Modigliani (Riccardo Scamarcio), “Modi” per gli amici, in cui si susseguono un vortice di eventi nella Parigi del 1916, dilaniata dalla guerra. Modigliani è inseguito dalla polizia, per i suoi comportamenti fuori dalle regole. E, arrivato a un certo punto, decide di porre fine alla sua carriera e abbandonare la città. Ma questa sua voglia è ostacolata dai suoi colleghi Maurice Utrillo (Bruno Gouery) e Chaim Soutine (Ryan McParland) e dalla sua musa Beatrice Hastings (Antonia Desplat). Modi chiede così consiglio al suo amico e mercante d’arte Leopold Zborowski (Stephen Graham). Tuttavia, dopo una notte di allucinazioni, il caos nella mente di Modi raggiunge il culmine quando si trova di fronte a un collezionista americano, Maurice Gangnat (Al Pacino), che ha il potere di cambiare la sua vita.
L’inizio di Modi – Tre giorni sulle ali della follia è di quelli rocamboleschi. Il giovane e temerario Amedeo Modigliani di Riccardo Scamarcio salta, sale sui tavoli, si batte, fugge, sfonda le vetrate e fugge inseguito dalla polizia. È come se fosse un fumetto. Anzi, è come se fosse il personaggio di un film d’azione, magari proprio il capitano Jack Sparrow di Johnny Depp de I Pirati dei Caraibi. Oppure è come quelle figure dei film muti, che si muovevano grazie a una manovella, e finivano per essere velocissimi, e in fondo quasi irreali. E infatti ci sono, qua e là, delle sequenze in bianco e neri girate come ai tempi del muto. Che Johnny Depp usa per dirci che siamo lì, tra gli anni Dieci e gli anni Venti del secolo scorso.
E forse avrebbe avuto più senso girarlo così il film, come aveva fatto The Artist di Michel Hazanavicius, per portare in toto quei tempi andati sul nostro schermo. Dipinto con il bianco e nero, mosso con i tempi e i ritmi del cinema muto, il Modi di Riccardo Scamarcio, attore che qui è efficace nei movimenti ed espressivo nella recitazione, avrebbe reso certamente di più, sarebbe diventato più iconico e astratto.
Invece deve muoversi in una messinscena senza dubbio piatta, televisiva, senza molta inventiva a livello di regia e di fotografia, in un racconto che, a dispetto del furore artistico e dell’anticonformismo che vuole raccontare, è piuttosto convenzionale. La recitazione, l’azione, gli avvenimenti sono sopra le righe, ma inutilmente. Perché tutto, in fondo è superficiale, non arrivano i veri sentimenti e le vere motivazioni dei personaggi. Che continuano a girare a vuoto, intorno a se stessi, senza alcuna crescita e alcun percorso narrativo.
Modi è soprattutto un film ripetitivo, che non scalda il cuore dello spettatore, che non ci fa vivere il fervore per l’arte né l’amore per la musa di Modigliani, quella Beatrice che è la protagonista dei suoi quadri e delle sue sculture. Capiamo che c’è lei al centro del famoso nudo, ma poco ci viene svelato del mistero della creazione di Modigliani. Resta un film che è una sorta di fiction televisiva, piena di stranezze e di figure che attraversano il film senza lasciare davvero il segno. “La distruzione è creazione” dice a un certo punto Modigliani. Un concetto simile avrebbe avuto bisogno di uno svolgimento più accurato. Intanto non vediamo l’ora di ritrovare Johnny Depp, uno degli ultimi veri divi di Hollywood, di nuovo sullo schermo come attore. Perché il vecchio Johnny ci manca tanto.
di Maurizio Ermisino
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