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Twisters: Glen Powell e Daisy Edgar-Jones in un film che profuma di blockbuster anni Novanta

Twisters: Glen Powell e Daisy Edgar-Jones in un film che profuma di blockbuster anni Novanta

Si chiamano Leone, Spaventapasseri e Omino di latta le tre unità, dei van attrezzati con le più moderne tecnologie, che girano per scansire e studiare gli uragani in Twisters, la nuova versione del blockbuster del 1996 ambientato ai nostri giorni, diretto da Lee Isaac Chung, il regista di Minari, al cinema dal 17 luglio. Il riferimento di quei tre nomi è a Il Mago di Oz, citato un paio di volte all’interno del film. Dorothy volava oltre la tempesta e andava oltre l’arcobaleno. Un arcobaleno che non c’è in Twisters: c’è invece il senso di pericolo e di morte che un tornado è in grado di portare. Rispetto al film del 1996 il tono prova ad essere più realistico e più drammatico. È un film che si prende più sul serio, ma la cosa non è un male, e ha senso. Il messaggio sta nel fatto di provare a rincorrere gli uragani per domarli, prevedere i loro movimenti, e salvare così le vite delle persone. Nel nuovo film non ci sono fuoriclasse come Helen Hunt e Philip Seymour Hoffman, ma degli attori con i volti giusti e funzionali alla storia: Daisy Edgar-Jones (La ragazza della palude, Normal People), Glen Powell (Tutti tranne te, Top Gun: Maverick) e Anthony Ramos (Sognando a New York – In The Heights).

Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones) è un’ex cacciatrice di uragani segnata dall’incontro devastante con un tornado durante i suoi anni al college. Kate, che ora studia i percorsi degli uragani al riparo nel suo ufficio di New York City, viene spinta a tornare in campo dal suo amico Javi (Anthony Ramos) per testare un innovativo sistema di tracciamento. Il suo percorso incrocia quello di Tyler Owens (Glen Powell), un’affascinante e spericolata superstar dei social media che si diverte a postare le sue avventure a caccia di tempeste con il suo gruppo.

“Le paure non si affrontano, si cavalcano”, spiega Tyler, il domatore di uragani, che aggiunge anche “tori, tornado, è la paura a guidarti”. È una frase che prova a spiegare che cosa guida queste persone che, per istinto, fanno il contrario di quello che farebbe qualsiasi essere umano: correre incontro al pericolo invece che scappare nella direzione opposta. Kate e Tyler sono diversissimi, ma hanno in comune questa cosa: aver visto un tornado da bambini ed essere rimasti allo stesso tempo affascinati e spaventati. Tanto da aver dedicato, in modo diversi, la loro vita a inseguirli, cacciarli, domarli. “Quando si ama qualcosa si vive cercando di capirla”.

Il nuovo Twisters mette in scena due opposti, Kate e Tyler, per poi avvicinarli – con schemi da commedia romantica non portati fino in fondo – e farci scoprire che non erano così lontani come credevamo. Ma è interessante vedere, all’inizio del film, come ogni fenomeno possa essere avvicinato, studiato, narrato con più approcci. Kate è quello scientifico, scrupoloso, etico. E Tyler è quello più spettacolare, qualunquista. Potete metterci dentro qualsiasi avvenimento: la pandemia, le elezioni americane e così via. I social media hanno spinto molte persone verso un approccio superficiale alle cose. Ovviamente, come vuole la classica costruzione di questi film, Tyler si dimostrerà diverso da quello che è, crescerà, cambierà. E anche Kate svelerà qualcosa di sé che non conoscevamo.

Tyler, il guascone, Kate, la saggia, Javi, l’empatico: Twisters, film di effetti speciali, in realtà punta molto sui personaggi, li scrive bene e li integra bene tra loro. È riuscita anche la scelta degli attori. Glen Powell, dopo Top Gun: Maverick, Tutti tranne te e Hit Man, è il nuovo divo del cinema americano, l’attore bello ma con un grande senso dell’autoironia, come è richiesto oggi al ruolo. Lo vedremo in tutti i prossimi blockbuster. Ma vedremo in molti film di successo anche Daisy Edgar-Jones, che ha una bellezza indiscutibile, ma anche quell’aria da ragazza seria, credibile, sagace che il cinema americano ama tanto. Anche Anthony Ramos ha uno sguardo molto comunicativo e una voce notevole.

Tutto questo si mescola bene in un film che sa di America, quella tradizionale, quella degli Stati all’interno. E sa, soprattutto, di cinema anni Novanta, gli anni d’oro del cinema catastrofico con cui siamo cresciuti. Un cinema che in quegli anni riempiva le sale, che sono decisamente il posto dove va visto questo film. Vedremo se anche oggi questo tipo di cinema avrà un suo pubblico. A proposito di sale, una delle scene più belle è girata all’interno del cinema, dove un gruppo di persone si rifugia per sfuggire a un tornado. Potete leggere questa scena in molti modi. Il cinema può salvarci la vita? O il cinema, inteso come sala, è morto?

di Maurizio Ermisino

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