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Kinds Of Kindness: La gentilezza non è di questo mondo. Ce lo dice Lanthimos con Emma Stone e Jesse Plemons

Kinds Of Kindness: La gentilezza non è di questo mondo. Ce lo dice Lanthimos con Emma Stone e Jesse Plemons

Sweet Dreams are made of this. Who am I to disagree. I travel the world and the seven seas. Everybody’s looking for something”. “I dolci sogni sono fatti di questo. Chi sono io per contestarlo. Viaggio per il mondo e per i sette mari. Ognuno è in cerca di qualcosa”. Sweet Dreams, inno techno-pop degli Eurythmics, apre in modo potente Kinds Of Kindness, il nuovo film di Yorgos Lanthimos, che arriva a pochi mesi dal meraviglioso Povere creature! e, dopo essere stato presentato al Festival di Cannes, arriva finalmente nelle sale italiane il 6 giugno. Kinds Of Kindness è un sogno? È una favola, come spiega la sinossi che introduce il film? È un esercizio di stile? È il sogno – e il cinema – americano visti da Lanthimos? Kinds Of Kindness è tutto questo. Ed è anche la versione su pellicola del Teatro dell’Assurdo di Beckett e Ionesco, una serie di quadri in cui i personaggi sembrano muoversi senza senso. Ma  alla fine questa storia un senso ce l’ha.

Come in Pulp Fiction, quelle di Kinds Of Kindness sono tre storie che si avvitano su se stesse, legate dal (minimo) comun denominatore di un signore di cui conosciamo solo le iniziali, RMF. Nel primo capitolo, The Death Of RMF, assistiamo alla storia di un uomo che cerca di prendere il controllo della propria vita, e per farlo prova in tutti i modi a compiacere un uomo e la sua compagna.  Nel secondo, RMF Is Flying, ecco la storia di un poliziotto la cui moglie è scomparsa in mare e quando torna sembra un’altra persona. L’episodio finale, RMF Eats A Sandwich, ha al centro una donna che, insieme a un compagno di viaggio, prova a trovare una persona specifica con una speciale abilità, quella di guarire le persone, per farla diventare un prodigioso leader spirituale. Non fatevi ingannare dai titoli: RMF è un personaggio meno che secondario, un cameo, un tratto che unisce i vari episodi. L’ennesimo gioco di Lanthimos.

Kinds Of Kindness è tutto e il contrario di tutto. Se la struttura circolare e a episodi ricorda il classico di Quentin Tarantino, come detto, il primo dei tre episodi ricorda alcune atmosfere dei Fratelli Coen, il secondo sembra un dramma da stress post traumatico e il terzo uno di quei film sulle sette. Gli ambienti e gli stilemi del cinema americano vengono filtrati dalla sensibilità europea e il senso per l’assurdo di Lanthimos, che destruttura alcuni dei codici del cinema americano e li ricostruisce a modo suo, con scene disturbanti e una musica dissonante e straniante.

Kinds Of Kindness è fatto di tre film in uno: ognuno è indipendente dall’altro e si chiude con i propri titoli di coda. Ma tutti vivono nello stesso mondo, la stessa America dei grandi spazi. E, soprattutto, i tre episodi hanno lo stesso cast. Yorgos Lanthimos usa infatti i suoi attori come se fossero una compagnia teatrale, in cui i membri sono sempre gli stessi, collaudati e affiatati tra loro. E a ogni nuovo spettacolo prendono sulle loro spalle nuovi ruoli, diversi dai precedenti, restando se stessi ma diventando ogni volta qualcun altro. A teatro tutto questo accade da sempre, al cinema e in serialità accade qualche volta. È più curioso vedere tre pièce una accanto all’altra in un unico film. L’idea è curiosa e funziona: Jesse Plemons, Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley (gli ultimi tre erano anche nel film precedente di Lanthimos, l’acclamato Povere creature!) ritornano ad ogni episodio, uguali a se stessi ma sempre nuovi. Lanthimos ha scelto volutamente di cambiare il loro aspetto, ma di non stravolgerlo, e la cosa funziona. E ha scelto di vestirle in modo anonimo e un po’ kitsch. Forse per toglierli dal loro piedistallo di star. O forse perché è così che vede gli americani…

Jesse Plemons è una vera sorpresa. Lungo i tre episodi del film lo vediamo con i capelli più lunghi o più corti, con il volto glabro o un filo di barba da un giorno, a volte gli occhiali. È sempre diverso, ma ha quel volto inconfondibile, con la mascella quadrata, e quell’aria da eterno ragazzo poco sveglio che lo rendono un attore unico. Unica lo è, da sempre, Emma Stone. Con ancora negli occhi la sua interpretazione in Povere creature! qui la vediamo con i capelli biondi lunghi e slavati, poi con i capelli più corti, rossi, e con il volto molto truccato. Sempre diversa, sempre capace di attrarre la macchina da presa sul suo corpo e sul suo volto.

Le storie di Kinds Of Kindness sono diverse tra loro, ma ovviamente hanno dei punti in comune. Ogni storia ha a che fare con delle ferite e dei traumi, da intendere in senso figurato, ma anche letterale. Si entra e si esce da ospedali e obitori. Tutte le storie sono in bilico tra la vita e la morte. C’è un’idea ricorrente di sesso piuttosto ruvido e insistito, e il ricorrere di scene raccapriccianti e disturbanti. Ci sono spesso in scena animali. E in ogni episodio compare, prima o poi, il fantomatico signor RMF. E tutto è condito da uno humour nero. Molto nero.

Il titolo del film suona più o meno come “diversi tipi di gentilezza”, ed è proprio questo che sembra animare i protagonisti delle storie. Personaggi che, a modo loro, provano a cercare questa gentilezza, però finiscono per arrivare a risultati opposti.  Ogni storia ha a che fare con il bisogno di farsi accettare dall’altro e con il limite fino al quale possiamo spingerci per compiacere il prossimo. Ha a che fare con la capacità di accettare un rifiuto o una perdita, l’assenza. E con la coscienza per accettare l’inevitabile ed evitare l’evitabile. Ha a che fare con l’amore, il potere e il controllo. Quei diversi tipi di gentilezza sono quegli atti che dovremmo fare per avvicinarci all’altro. Solo che, a quanto pare, siamo incapaci di metterli in pratica. La gentilezza non è di questo mondo.

di Maurizio Ermisino

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