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Furiosa: A Mad Max Saga: Anya Taylor-Joy è l’angelo del male, bellissima e letale

Furiosa

È il prezzo che paghiamo per vivere nelle Terre Desolate. Non possiamo essere deboli”. No, non è un Paese per deboli il mondo delle Wasteland, lo scenario post apocalittico e disperato creato dal visionario George Miller più di 40 anni fa con gli storici film di Mad Max. Un mondo a suo modo unico, originalissimo e immediatamente riconoscibile, diverso da ogni altro incubo distopico che abbiamo visto sul grande schermo. Con Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth come protagonisti quel mondo torna per avvolgerci in Furiosa: A Mad Max Saga, al cinema dal 23 maggio dopo il passaggio a Cannes, una nuova avventura d’azione originale e standalone (ma, attenzione, potrebbe esserci ancora un sequel) che rivela le origini di Furiosa, il potente personaggio interpretato da Charlize Theron che ci aveva scioccato in Mad Max: Fury Road, il film che nel 2015, 30 anni dopo Mad Max oltre la sfera del tuono, aveva ridato vita alla saga.

Mentre il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo Verde delle Molte Madri, e cade nelle mani di una grande Orda di Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus (Chris Hemsworth). Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella presieduta da Immortan Joe. Mentre i due tiranni si battono per il predominio, Furiosa (Anya Taylor-Joy) deve sopravvivere a molte prove e mettere insieme i mezzi per trovare la strada di casa.

Il capolavoro George Miller è riuscito a farlo 40 anni fa. È riuscito a creare un mondo estremamente originale, un Medioevo prossimo venturo, una terra desolata, inaridita, disperata. Un mondo in cui muove un’umanità che forse non è neanche più umanità, mutata in qualcos’altro che si avvicina di più alle belve. Quel che resta dell’umanità vive in gruppi nomadi che si muovono su motociclette e altri motori: predoni, branchi di lupi affamati e incattiviti, imbarbariti e abbrutiti dalla fame e dalla sporcizia. È un mondo da homo homini lupus, come direbbe il filosofo. Già essere riportati in quel mondo abbaglia, stordisce, evoca. Ed è per questo che, in film come Mad Max: Fury Road e Furiosa: A Mad Max Saga, il pubblico è già grato a George Miller. Ance se forse tutto questo non basta. Ma ci torneremo dopo.

In un mondo di questo tipo una bambina umana, bellissima, ben nutrita, sana, dai denti perfetti, fa scalpore. L’arrivo di Furiosa dà allo stesso tempo speranza e crea desideri malsani in quell’umanità persa e abbrutita. La sua presenza è la testimonianza che esiste davvero una terra mitica, una Terra dell’Abbondanza, una terra delle opportunità, un posto verde dove può crescere ogni cosa. Da qui nascono il desiderio legittimo di Furiosa di tornare a casa. E quello ossessivo di tutti gli altri di raggiungere questa terra per conquistarla. E, probabilmente, rovinarla per sempre. Perché il mondo in cui ci troviamo venera l’acciaio cromato e la benzina, i sacri motori e le armi letali. Potrebbe mai convivere con il Luogo Verde delle Molte Madri?

Quando Anya Taylor-Joy, che interpreta la Furiosa ormai cresciuta, entra in scena, illumina il film. Attrice dal corpo minuto e dal volto unico, con quegli occhi così lontani ed enormi, Anya dà vita a un cucciolo ferito che si difende con gli artigli e con i denti, una preda che diventa cacciatore e poi capobranco. Angelo caduto, angelo con la faccia sporca, Furiosa si trasforma man mano nel personaggio che ci aveva fatto conoscere Charlize Theron in Mad Max: Fury Road. La fronte dipinta di una patina nera ma lucida, come se volesse disegnarsi un elmo da guerriero. Poi i capelli rasati a zero. E quel braccio perso che diventa meccanico. Diventa il più oscuro degli angeli, il quinto cavaliere dell’Apocalisse. Tutto quel nero sul volto di Furiosa rende ancora più grandi, enormi, quegli occhi blu profondo che sono il cuore del film: occhi liquidi, pieni di lacrime, di odio e di speranza.

Di fronte a lei c’è la sua nemesi, il Dementus di Chris Hemsworth, il lato Oscuro di un supereroe come Thor: i capelli lunghi sono impastati di sabbia e di polvere, i denti sporchi, il naso è adunco come il becco di un rapace. La mole, il fisico, sono sempre quelli del Dio del Tuono, ma Hemsworth riesce a dare vita a un villain che fa dimenticare il suo passato da supereroe.

Furiosa: A Mad Max Saga è un ossimoro: visivamente abbagliante e stordente, dal ritmo mozzafiato, concitato e iperattivo, è allo stesso tempo un film monotono a livello narrativo, come lo era Mad Max: Fury Road. È un film che è una lunga fuga, che prende uno stilema del cinema western, come l’assalto alla diligenza, e lo reitera per due ore e mezza. Se lo schema, ridotto all’osso, di Mad Max: Fury Road era l’Odissea, il viaggio, qui la matrice è Iliade e Odissea insieme, assedio e viaggio. Con tanto di una serie di Cavalli di Troia.

Il mondo di Furiosa conquista immediatamente, come è evidente. Ma forse, nei film di questo tipo ci vorrebbe qualcosa di più, a livello di storia e di intreccio. Ma forse i film di George Miller piacciono proprio per questo, per il loro essere diretti, come una canzone punk. Piacciono perché sono continue scariche di adrenalina. E perché ci permettono di esorcizzare le nostre paure, ci fanno vedere un futuro così disperato da farci sperare che non diventi tale. O forse solo farci ringraziare che il nostro presente non sia ancora così.

Romanzo di formazione e revenge movie, Furiosa è in fondo anche la storia di un’infanzia violata e rubata e che non potrà mai più tornare. La storia di una bambina cresciuta senza madre che cercherà sempre di colmare quel vuoto e non ci riuscirà mai. Una storia iperbolica e portata all’eccesso, ma una storia come, purtroppo, ce ne sono tante. Troppe.

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Photo Credit: Jasin Boland

di Maurizio Ermisino

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