Sembra quasi di essere in Toro scatenato, non appena appaiono sul grande schermo le prime immagini di The Warrior – The Iron Claw, il nuovo film Sean Durkin con Zac Efron in uscita al cinema il 1 febbraio. Al centro della scena c’è un ring e le immagini sono in bianco e nero, sgranate. Inizia il combattimento e la macchina da presa è al centro dell’azione, nell’occhio del ciclone, come nel film di Martin Scorsese. Ma è un altro film. Ed è, soprattutto un altro sport: non parliamo della boxe ma del wrestling, strana commistione tra sport e spettacolo, dove tutto è preparato e tutto è coreografato. Ma dove, in ogni caso, si soffre davvero. Quel bianco e nero è solo per l’antefatto della storia, quando sul ring c’è il padre, il capostipite della famiglia Von Erich: cinque vite dedicate al wrestling, cinque vite perdute e una storia che sembra scritta da una penna esperta e invece è vera. Ne nasce un film molto particolare, imperfetto ma con grandi interpretazioni. E un tono particolarissimo, che oscilla continuamente tra tragico e comico.
The Warrior – The Iron Claw (The Iron Claw, in originale) racconta la vera storia degli inseparabili fratelli Von Erich, che nei primi anni Ottanta hanno fatto la storia nel competitivo e violento mondo del wrestling professionistico. Chi per decisione e chi per caso, chi da subito chi come piano b, tra tragedie e trionfi, all’ombra di un padre/padrone/allenatore predominante, i fratelli hanno cercato, e trovato, l’immortalità sul palcoscenico di uno sport così particolare.
Ma non ci sono solo quelle riprese in bianco e nero a rimandarci a Toro Scatenato. C’è anche la presenza di uno Zac Efron inedito e irriconoscibile. Variety, infatti, ha parlato di una trasformazione fisica degna del Robert De Niro di Toro Scatenato. Detto che parliamo di trasformazione, e non dell’interpretazione di De Niro, Zac Efron in The Warrior è impressionante. Lo vediamo nella prima scena in cui appare, quando si alza dal letto. Il suo fisico è enorme, ha una massa muscolare che sembra quella di Hulk. Ma è tutto ad essere cambiato: anche il viso sembra più roccioso, con la mascella quadrata. Un viso che il curioso taglio di capelli, una sorta di caschetto con la frangia, come si usava in quegli anni (la storia vera e propria comincia nel 1979) rende ancora più quadrato.
Ma, come dicevamo, questa non è la boxe. È il wrestling, sport – o spettacolo – tipicamente americano, che noi non riusciamo davvero a capire fino in fondo. È proprio il personaggio di Zac Efron a spiegarci che cos’è davvero il wrestling. “Non è finto, è prestabilito. Vai su se vali. Se il pubblico ti ama”. Detto così, è anche una metafora dello star system. Eppure in uno sport dove tutto è preparato c’è in qualche modo un campione mondiale, stabilito in base al gradimento di pubblico dei giusti manager. E c’è chi agogna a questo titolo: è un desiderio che non svanisce, che passa di padre in figlio, e da fratello a fratello. E allora ecco che devi essere preparato al massimo, forte fisicamente, enorme, indistruttibile. Sì, nel wrestling tutto è finto. Ma le botte, e il dolore, sono veri.
Tutto questo viene raccontato in un film che, come il cinema americano sa fare bene, viaggia alla perfezione dentro un’epoca e ci immerge in essa grazie a un uso particolare del colore, delle inquadrature e dei codici di comunicazione di quegli anni, come i linguaggi televisivi e le scritte in sovraimpressione degli incontri. Sembra davvero che il film sia girato a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, così come Tonya, un film che ha qualcosa in comune con questo, ci immergeva nell’America degli anni Novanta.
In comune con Tonya, seppur con toni diversi, The Warrior – The Iron Claw ha anche una storia in cui lo sport diventa ossessione e poi tragedia, e nel racconto in qualche modo diventa commedia. Entrambi i film per raccontare una storia che in fondo è terribilmente dura ne mettono in evidenza i caratteri ridicoli e grotteschi. E tutto questo riuscendo a non nascondere mai la profonda drammaticità. Tonya andava oltre, puntava sul mockumentary, il falso documentario, e su personaggi che diventavano quasi delle caricature; The Warrior rimane più ancorato a una recitazione realistica, tiene a freno la comicità, usandola solo per accentuare un elemento di questa storia: l’assurdità di certe scelte, certe credenze, certi comportamenti.
Il tutto è tenuto insieme da una regia non banale, che gioca spesso con il fuoricampo. Molte delle tragedie e degli snodi chiave della storia, infatti, non accadono in scena ma fuori, e vengono in qualche modo annunciati o evocati (vedi l’ansiogena soggettiva della corsa in moto che anticipa l’incidente) oppure introdotti da eleganti ellissi narrative (come il momento topico in cui conosciamo chi dei fratelli sarà lo sfidante per il titolo di campione mondiale dopo il lancio della monetina). Insieme all’ironia e al tono tragicomico di cui parlavamo prima, anche queste scelte di regia vanno nella direzione di “asciugare” una storia che sarebbe fortemente drammatica.
Ma The Warrior – The Iron Claw è anche un altro modo di raccontare il patriarcato. Che non è solo quello per cui le donne vengono messe in secondo piano, maltrattate, sottovalutate (anche qui vediamo una madre ridotta ad essere una presenza/assenza). È anche quello in cui, in una casa, un padre può avere un’autorità assoluta, fare il bello e il cattivo tempo, influire su qualsiasi scelta riguardi i propri figli. Un vero, letterale, diritto di vita e di morte su di loro. A interpretare il padre/padrone è Holt McCallany, il Bill Tench di Mindhunter, ed è eccezionale. Come lo sono gli altri attori: accanto al sorprendente Zac Efron ci sono Harris Dickinson, rivelazione della serie A Murder At The End Of The World, e Jeremy Allen White, visto in Shameless e ora sulla cresta dell’onda come protagonista della serie The Bear. Il risultato è un film dove il combattimento è raccontato così bene che, a momenti, vi sembrerà di sentire arrivare il dolore fisico.
di Maurizio Ermisino
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