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Povere Creature!: Yorgos Lanthimos ed Emma Stone ribaltano il mito di Frankenstein. Nel nome delle donne

Povere Creature!: Yorgos Lanthimos ed Emma Stone ribaltano il mito di Frankenstein. Nel nome delle donne

“Affamata di speranza, di libertà, di contatto”. È così che è Bella Baxter, che ha il volto di Emma Stone, la protagonista di Povere Creature!, il film di Yorgos Lanthimos, vincitore di due Golden Globe come Miglior film musical o comedy e Miglior attrice in un film musical o comedy (Emma Stone), e candidato a 11 Oscar, che arriva il 25 gennaio nelle sale italiane. Emma è una donna che dentro di sé ha una bambina, e per questo è affamata di vita e di esperienza. È una creatura artificiale, un po’ come il mostro di Frankenstein, ma libera e irresistibile. Una creatura da amare. Povere Creature!, Leone d’Oro all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è un film visionario, originale, sorprendente. Ed è anche il film perfetto per raccontare i nostri tempi, quelli in cui le donne stanno per prendersi il loro posto nel mondo.

Povere Creature!, tratto dal romanzo di Alasdair Gray, Poor Things! (che è il titolo originale del film), è la storia di Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe). Sotto la protezione di Baxter, Bella è desiderosa di imparare. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un abile e dissoluto avvocato, in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l’uguaglianza e l’emancipazione.

Quella di Povere Creature!, in fondo, è la storia di Frankenstein di Mary Shelley. Ma non è raccontata proprio nello stesso modo, e in un questo c’è una grande differenza. Il Dr. Frankenstein prova repulsione per la creatura a cui ha dato vita, si pente di averlo fatto. Il Dr. Godwin, invece, prova un profondo amore per la persona che ha creato, la protegge e la educa, la cura e l’accompagna fin che può, proprio come un padre amorevole sa fare. Il Dr. Godwin viene chiamato da tutti con il suo nome abbreviato, God, che suona come “Dio”. E non è un caso, perché, come il Dr. Frankenstein, è qualcuno che si è sostituito a Dio nel voler dare la vita. Tutta la prima parte del film si svolge tra sale operatorie e tavoli chirurgici, all’interno di un immaginario che ha dei rimandi all’iconografia dei vari Frankenstein – i famosi lampi di elettricità che riportano in vita i corpi – ma che in realtà è molto originale.

In tutta la prima parte del film, infatti, ci muoviamo dentro luoghi che hanno qualcosa della Londra vittoriana dell’Elephant Man di David Lynch, ma che sono ancora diversi, originali, mai visti. È il momento delle immagini in bianco e nero, deformate, riprese da un grandangolo. Ma è come se tutto, in Povere Creature!, fosse deformato da una lente magica. Come ha spiegato il regista, è la storia di Bella, e così vediamo un mondo che è solo suo, che riflette il modo in cui lei lo vede. Per questo è distorto. Il bianco e nero è il mondo chiuso, familiare, quello della casa sicura, da cui non poter mai uscire. È la protezione di Doc. È un bianco e nero poco contrastato, inondato da luce bianca. Che potrebbe essere quella dell’innocenza. Gli sfondi sembrano quelli dipinti dell’espressionismo tedesco. Quando Bella si apre al mondo, scappa e inizia a viaggiare, il suo mondo diventa a colori, come per ognuno di noi che, quando viaggia, apre la mente a nuove tonalità. Sono colori a tinte pastello, pastosi, sfumati, a volte tenui a volte accesi, come se fossero dipinti con un acquerello su tela.  I colori, insieme alle scenografie, creano un mondo avvolgente e inquietante, curioso e straniante. È un mondo immaginario, onirico. È un mondo retrofuturistico, un po’ steampunk. Le architetture dentro la quale si muovono i personaggi, che sono sempre come in una sorta di casa delle bambole, è surrealista, fa pensare a Dalì, ma anche all’architettura di Hundertwasser.

Dentro a questi contesti si muovono volti e corpi che lasciano il segno, colpiscono, ci rimangono impressi.  Emma Stone è indelebile. Quel volto così particolare è segnato dalle folte sopracciglia nere che incorniciano gli occhi enormi del colore della giada. È una presenza inquietante, straniante, ma bellissima. Il lavoro sul volto, con quegli occhi spalancati, quell’espressione sempre stupita, è molto interessante. Ma è anche eccezionale quel lavoro fatto sul corpo. Quel suo muoversi a scatti, come una sorta di bambola rotta. Accanto a lei c’è quello che in fondo è suo padre, Willem Dafoe, uno che ha il volto già spigoloso, duro, e che qui è reso ancora più tagliente, e obliquo, dall’eccezionale trucco prostetico ispirato ai quadri di Francis Bacon: cicatrici che tagliano il viso, formando dei segni che sembrano quasi delle croci. Mark Ruffalo è il tentatore, colui che approfitta dell’innocenza di Bella: con i suoi baffi sembra un Clark Gable venuto da un altro mondo, un essere lascivo e mellifluo.

Povere creature! toglie la storia di Frankenstein di Mary Shelley dal racconto gotico: toglie i toni mostruosi, orrorifici e tragici da quel modello e lo porta in un quadro colorato e ironico, surreale e tragicomico. È qualcosa di inedito per un film di questo tipo. È una storia dove il creatore è contemporaneamente anche creatura, è deus ex machina e anche mostro. E dove la creatura è mostro ma in fondo anche angelo, è artificiale ma in fondo reale, vera più degli umani, perché è libera da sovrastrutture, condizionamenti, pregiudizi. Perché è pura, ansiosa di vita e di esperienze, innocente. Più umana degli umani, come lo erano gli automi di Westworld, o come David, il mecha di A.I. – Intelligenza Artificiale.

In un film che travolge e sconvolge, in una messinscena originale e inedita, dai toni grotteschi e beffardi, si toccano in realtà argomenti molto importanti: il libero arbitrio, il comune senso del pudore, la libertà di scelta, l’indipendenza e l’emancipazione femminile. È un film che ha perfettamente senso in questo momento storico, che vede un idem sentire di tutto il mondo artistico, che siano artisti uomini o donne, intorno a una reale parità di diritti tra uomo e donna, e intorno al diritto di realizzazione dei propri desideri e della propria personalità. “Credo che saremmo tutti più felici se potessimo scegliere” dice Bella Baxter. Sì, saremmo davvero tutti più felici.

di Maurizio Ermisino

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