“Abbiamo la legge per queste cose”. “Avete la legge finché non fallisce. Poi avete me”. Battute di quelle stentoree, secche, di film d’altri tempi. Immaginate questa frase detta a muso duro da uno con la faccia di Jason Statham, uno degli ultimi eroi d’azione rimasti, e avrete la cifra di quello che è The Beekeper, il suo nuovo film nelle sale dall’11 gennaio. Non è un caso che, nell’ultimo capitolo de I mercenari, Sylvester Stallone si fosse fatto da parte per quasi tutto il film per lasciare la scena a lui, uno dei suoi eredi. Forse l’unico. Volto da duro, espressione impassibile eppure espressiva, Jason Statham è uno di quegli eroi completamente credibili nel ruolo di una macchina da guerra, eppure è anche empatico, uno che potrebbe essere tuo amico. Uno che, questo è certo, vorresti avere sempre dalla tua parte. È proprio per aver preso a cuore una persona che il suo personaggio, Adam Clay, rientra in azione scatenando una vera e propria guerra e arrivando a colpire degli obiettivi sempre più in alto. The Beekeper è un buon film d’azione, quello che ci si aspetta da un film con Statham, e prova ad alzare ancora l’asticella del revenge movie.
La storia, certo, non è nuova, e non potrebbe essere altrimenti. Adam Clay (Jason Statham) è un uomo tranquillo, che vive in campagna, solitario, e fa l’apicoltore di professione. È quello che si dice un uomo di poche parole. Tra le poche amicizie che ha c’è la sua vicina di casa, un’anziana signora che gli ha affittato il granaio. E che, dopo essere stata vittima di una frode informatica che le prosciuga tutti i suoi averi (e il conto dell’associazione benefica che gestisce), si toglie la vita. Adam crede che questa sia una profonda ingiustizia e decide di trovare i colpevoli e punirli. Come potete immaginare già dalla prima scena, Adam non è quello che sembra. È il classico personaggio che si è ritirato a vita privata, un uomo con un passato completamente diverso da quello che è oggi. Ben presto veniamo a sapere che Adam Clay è stato un Beekeper, letteralmente proprio un apicoltore, ma in pratica il membro di un’organizzazione segreta, che fa capo all’Intelligence, ma completamente indipendente da FBI e CIA.
Le api hanno la loro organizzazione, i loro incarichi. Ci sono quelle che decidono, se lo ritengono necessario, di proteggere l’alveare, anche agendo di loro iniziativa. Ecco, un Beekeper, uno come Adam Clay, fa così. Per questo sentiamo quella frase che vi abbiamo riportato all’inizio. Un Beekeper è al di sopra della legge, degli ordini. È lui che decide se qualcuno o qualcosa è una minaccia per l’alveare, per il sistema. E sceglie di agire. Ci sono api che possono anche decidere di eliminare l’ape regina, se lo considerano necessario. E così The Beekeper procede, su binari piuttosto consueti, ma anche con qualche sorpresa. Quello che è certo è che il nostro eroe non si fermerà di fronte a nulla.
Se Jason Statham, come detto, è da anni una certezza in fatto di cinema d’azione, anche una storia di questo tipo è ormai consueta. Quella dell’ex agente, o militare, ritiratosi a vita privata che torna in azione è ormai uno schema noto. Si pensi alla saga di The Equalizer con Denzel Washington, a Io sono nessuno, con Bob Odenkirk. O a quello che è stato il primo eroe del revenge movie dell’era moderna, cioè proprio il Rambo di Sylvester Stallone. In ogni film di questo tipo l’idea è quella di portare la guerra al di fuori del war movie, nella vita quotidiana. E poi di rivelare in un uomo una sorprendente e perfetta macchina da guerra. Sul quanto sorprendente e quanto perfetta si gioca tutta la partita di ogni film. Ed è qui che il film di David Ayer (Suicide Squad) prova ad alzare, per quello che può, l’asticella. Perché l’Adam Clay di Statham è davvero un supereroe senza esserlo, un essere capace di battere chiunque anche senza essere armato (ma un Beekeper, finché respira, è armato), un’arma letale senza alcun rivale. L’evoluzione del finale porta il film quasi dalle parti della serie 24, ma con un diverso gioco delle parti.
È film con cui si va sul sicuro. A parte un colpo di scena che cambia la prospettiva a tre quarti del film e il tema di fondo, che è quello delle truffe informatiche e delle aziende che si occupano di dati, di cui si parla poco, nei film come nella realtà. In questo senso, al centro c’è un Josh Hutcherson (il Peeta di Hunger Games) per la prima volta nel ruolo di cattivo, una sorta di Mark Zuckerberg passato al Lato Oscuro, e un Jeremy Irons che sembra capitato qui per caso ma che fa sempre la sua figura. Da vedere se volete un tipico action movie. Perché di eroi d’azione come Statham non se ne fabbricano più.
di Maurizio Ermisino
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