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Wonka: Timothée Chalamet è un giovane Willy Wonka al cinema

Wonka: Timothée Chalamet è un giovane Willy Wonka al cinema

Nel nome del padre. Era così che viveva la sua vita Willy Wonka nella versione originale del film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, del 1971, e anche e soprattutto in quella di Tim Burton del 2005, La fabbrica di cioccolato. Wonka, il nuovo film dedicato al celebre personaggio inventato da Roald Dahl, in uscita il 14 dicembre al cinema, prima di tutto cambia la storia. Tutta la backstory di Willy Wonka è infatti legata al rapporto con la madre, un’umile ragazza dell’Europa dell’est che gli insegna tutti i trucchi e le magie del cioccolato. Legare Willy Wonka alla mamma, all’amore materno e alla nostalgia per lei cambia completamente il tono del film. Non c’è più un rapporto conflittuale a guidare le gesta del protagonista, ma un amore incondizionato verso la mamma che non c’è più. Wonka allora diventa un tipico film per bambini, per famiglie, un musical natalizio colorato, edificante e di buoni sentimenti. Ma il Willy Wonka che conosciamo noi era tutta un’altra cosa.

Willy Wonka Begins
Basato sul protagonista de La Fabbrica di Cioccolato, il romanzo di Roald Dahl, Wonka racconta la storia di come il più grande inventore, mago e cioccolataio del mondo sia diventato il Willy Wonka che conosciamo oggi. Con Timothée Chalamet nel ruolo del protagonista, Wonka ci fa conoscere un giovane Willy Wonka pieno di idee e determinato a cambiare il mondo un boccone delizioso alla volta, dimostrando che le cose migliori della vita iniziano con un sogno. Willy arriva a Parigi con pochi soldi in tasca e una grandissima idea in testa, la sua ricetta magica per un cioccolato diverso da tutti gli altri. Ma per lui non sarà facile farsi largo.

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Willy Wonka come Crudelia
Wonka è un prequel, un’origin story. Più che le origin story di tanti supereroi, l’operazione ricorda quella fatta con un altro personaggio storico dei racconti per bambini, quella Crudelia De Mon, villain de La carica dei 101. In Crudelia, quel personaggio ci veniva raccontato da giovane, e veniva trasportato in un contesto ben preciso, la Londra degli anni Settanta. Qui un personaggio altrettanto iconico come Willy Wonka viene preso da giovane e inserito nella Parigi dell’inizio del secolo scorso, dove vivono e lavorano, nell’immaginaria Galleria Gourmet, i più famosi cioccolatieri parigini. È qui che Wonka deve trovare il proprio posto nel mondo, facendosi strada in quella che è una lobby, un mondo chiuso, e dovendosi guardare da una serie di personaggi loschi e senza scrupoli. Quella di Wonka è una Parigi a due facce: luminosa a scintillante nei suoi luoghi più importanti, sordida e minacciosa, quasi fosse una Londra dickensiana, nei suoi anfratti più reconditi.

Willy Wonka, il cioccolato e la mamma
Legare Willy Wonka alla madre invece che al padre, dicevamo, però cambia tutto. Ricordate il freddo e autoritario dentista che costringeva il piccolo Willy a portare complessi apparecchi ortodontici e a non mangiare dolci? Quel padre aveva segnato tutta la vita di Wonka, la sua misantropia, quel suo vivere in qualche modo staccato dal mondo. Il suo andare controcorrente, diventare anticonformista, non fare nulla per piacere a tutti (e quindi essere l’alter ego di Tim Burton nel film del 2005) veniva tutto da quel rapporto. Il Willy Wonka di Timothée Chalamet, invece, è un giovane tenero e appassionato, un candido, un puro, ancora innamorato della madre che lo ha dovuto lasciare troppo presto a causa di una malattia. Willy porta con sé una tavoletta di cioccolato che gli ha regalato lei. E tutto quello che fa lo fa per lei, per ricreare quella magia, la dolcezza del loro rapporto. Con la speranza che ricreare quel cioccolato porterà, letteralmente, la sua mamma da lui. È chiaro che, con queste premesse, il Willy Wonka che vediamo qui è tutt’altro da quello che avevamo visto negli altri film: è un bravo ragazzo appassionato ed empatico.

Timothée Chalamet, diverso da Gene Wilder e Johnny Depp
Ed è in questo senso che va anche l’interpretazione del protagonista, Timothée Chalamet. È un ragazzo imberbe, dal volto pulito, dalla pelle chiara e liscia. Gli occhi azzurri buoni, il fisico filiforme e snodato, e quel cappello a tuba che copre una cascata di ricci. Bravissimo, anche nei numeri di ballo e canto (ma al cinema, in gran parte, vedremo la versione doppiata, per cui Willy Wonka avrà un’altra voce). Ma è un’altra cosa rispetto a quella follia ambigua ed enigmatica di Gene Wilder, o dal freak sinistro, tra Faye Dunaway e Michael Jackson, che ne fece Johnny Depp per Tim Burton. Ecco, aver visto queste due versioni non aiuta ad apprezzate quella di Chalamet. Ma in fondo forse il confronto non va neanche fatto. Perché questo Wonka è proprio un altro tipo di film. Un altro mondo.

Olivia Colman, il miglior effetto speciale
È un mondo caotico, eclettico e divertente, questo va detto. È carico di trucchi, magie, giochi di prestigio. È pieno di macchinari, ingranaggi, marchingegni. La piccola fabbrica di cioccolato portatile è da antologia. Così come è da ricordare l’umpa lumpa creato in computer grafica con il volto di Hugh Grant, inquietante ma in grado di cogliere assolutamente la nostra attenzione. Quello di Wonka è un mondo ricco di creazioni in computer grafica: modernissimo e all’avanguardia ma debitore di una certa atmosfera e di un certo gusto kitsch che viene dagli anni Settanta, fatto di colori acidi e texture apparentemente ingenue. Insieme a Chalamet e Hugh Grant, però, uno dei grandi effetti speciali del film è Olivia Colman. Un’attrice capace di essere chiunque: regale come la Regina Elisabetta II della serie The Crown, donna comune e depressa nel film Empire Of Light di Sam Mendes; ma anche creatura da fumetto, caricaturale, rubizza di alcol e di cattiveria, con un sorriso beffardo come la vediamo qui. È la perfida tenutaria della pensione/carcere dove capita il giovane Willy. Wonka, per la sua stessa natura, è il classico film di Natale, il film per famiglie, il film per tutti, edificante e positivo. Però quel Willy Wonka scorretto che, seppur per finta, faceva fuori i bambini antipatici e boriosi, un po’ ci manca.

di Maurizio Ermisino

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