“È la vita. Vorremmo poter controllare tutto ma controlliamo molto poco”. Ricordate la pallina da tennis di Match Point? Arrivata sulla rete, poteva cadere da un lato o dall’altro. Il caso, così, poteva determinare la vittoria o la sconfitta. È ancora il caso, il fato, la fortuna uno dei temi portanti del nuovo, sorprendente film di Woody Allen, Un colpo di fortuna (Coup de chance), presentato fuori concorso alla 80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in arrivo nelle sale italiane il prossimo 6 dicembre. Ricordate? A quella pallina poi corrispondeva un anello, che, battendo sul parapetto che si affacciava sul Tamigi, poteva cadere da una parte o dall’altra, determinando le sorti della vita del protagonista. Anche Coup de chance parla dell’importante ruolo che il caso e la fortuna giocano nelle nostre vite. Siamo insomma dalle parti di Match Point, un film che in tanti abbiamo amato moltissimo. E ameremo anche questo.
Fanny (Lou De Laâge) e Jean (Melvil Poupaud) sembrano la coppia di sposi ideale: sono entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi, e sembrano innamorati come la prima volta che si sono incontrati. Ma quando Fanny s’imbatte accidentalmente in Alain (Niels Schneider), un ex compagno di liceo, perde la testa. Presto si rivedono e diventano sempre più intimi…
La prima cosa che colpisce in Un colpo di fortuna sono due dei tre protagonisti: luminosi, intriganti, sono loro che ci tirano dentro la storia del film. Lou De Laâge ha un volto seducente, che cattura immediatamente. Ha un sorriso irresistibile, smagliante, che si apre e ti apre il cuore. Sorride con la bocca, ma anche con gli occhi, con quelle piccole rughe che si formano quando esprime la sua gioia. Anche Niels Schneider ha quegli occhi che ridono, con quelle grinze che si formano sul volto. Quei suoi ricci scomposti, quella faccia da schiaffi che alle donne piace tanto: il suo Alain sembra fatto apposta per conquistare. Gli occhi di un blu intenso e i capelli biondo miele di lei, prima raccolti e poi sciolti. Le giacche di velluto e il fascino bohemienne dell’artista lui. È il sogno di una vita diversa, il what if e le sliding doors, quel pensare a cosa sarebbe successo se… Tutto questo lo vediamo già nella prima scena, in quell’incontro casuale tra due persone che non si vedono da anni e che avevano qualcosa di pregresso e non detto. La magia di un incontro, la tensione erotica, la chimica tra i due personaggi (e ovviamente tra i due attori) è palpabile ed evidente.
Ma questa storia, coinvolgente e avvolgente, sinuosa e sensuale, è ancora più preziosa perché è ammantata dalla luce magica di Vittorio Storaro. Che aveva fatto un grande lavoro già nei precedenti film di Allen, come La ruota delle meraviglie (ricordate la luce sui capelli di Kate Winslet?) e Un giorno di pioggia a New York, ma qui è andato ancora oltre. Non c’è un’inquadratura in cui non si veda la sua mano speciale. Soprattutto negli interni. Guardate la casa di Fanny e Jean, quella luce color cipria e dorata così quotidiana eppure così particolare. Le luci degli interni arrivano da varie fonti: dalle finestre che danno all’esterno, dalle abat jour all’interno dell’appartamento. Ma fate attenzione anche a quando Fanny è nella mansarda di Alain, a quella luce che entra da un lucernario e si posa, dorata, sui capelli di Lou De Laâge, ma solo da un lato.
Il risultato di tutti questi elementi è un film leggero, jazzato, come la colonna sonora su cui le immagini volano, che si segue con grande piacere. È caratterizzato da un’ironia leggerissima, appena accennata, e non la solita comicità alleniana fatta di quei dialoghi fitti che ti lasciano senza respiro. “Mi sento troppo in colpa a mentirgli, ma gli mento lo stesso” è una delle battute che, quando arrivano, strappano un sorriso. Tutto questo rende leggiadro un film che in fondo parla di amore e morte, di attrazione e senso di colpa, di caso e scelte, destino e determinazione, delitto e castigo.
È quando, a metà del film, Jean (un freddo e machiavellico Melvil Poupaud) comincia a pensare che non vuole lasciare nulla al caso, vuole scegliere lui il suo destino, e per questo prende delle decisioni molto forti, che arriviamo dalle parti di Match Point. “La fortuna io la costruisco”, dice Jean deciso. Ma proprio la fortuna, a un certo punto, gli causerà quello che si dice un brutto tiro. E torniamo a quella pallina da tennis di Match Point, che poteva cadere da una parte o dall’altra della rete, o quell’anello, che poteva cader da una parte all’altra del parapetto che dava sul Tamigi. Così, un colpo di fucile può partire in una direzione, ma può anche arrivare da un’altra. È un colpo di fortuna, un coup de chance.
di Maurizio Ermisino
Questo slideshow richiede JavaScript.