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LUBO di GIORGIO DIRITTI | Da giovedì 9 novembre in tutte le sale

LUBO di GIORGIO DIRITTI | Da giovedì 9 novembre in tutte le sale

Lubo è un film di Giorgio Diritti ed è liberamente ispirato a “Il seminatore” di Mario Cavatore edito da Einaudi  con FRANZ ROGOWSKI, CHRISTOPHE SERMET, VALENTINA BELLÈ, NOÉMI BESEDES, CECILIA STEINER,  JOEL BASMAN, PHILIPPE GRABER, MASSIMILIANO CAPRARA

SINOSSI
Lubo è un nomade, un artista di strada che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo dopo scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro tre figli piccoli, strappati alla famiglia in quanto Jenisch, come da programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse). Lubo sa che non avrà più pace fino a quando non avrà ritrovato i suoi figli e ottenuto giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui.

CURIOSITA’
IL POPOLO JENISCH E IL PROGRAMMA “HILFSWERK FÜR DIE KINDER DER LANDSTRASSE”

Il popolo Jenisch rappresenta la terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom ed i Sinti. Di origine germanica, sono presenti in molti paesi dell’Europa, tra cui Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Italia, e hanno una propria lingua.

Nel 1921 venne fondata in Svizzera la Pro Juventute, una fondazione filantropica creata con l’intento di sostenere i diritti e le esigenze dei bambini.
Tra il 1926 e il 1973 la Pro Juventute mise in atto in Svizzera una campagna di ispirazione nazionalista denominata «Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse» (Opera di soccorso per i bambini della strada).
Secondo i parametri applicati dalle autorità nel primo ‘900, i nomadi erano considerati pericolosi e da tenere a bada con metodi repressivi.
Il programma attuato dalla Pro Juventute e finanziato dalla Federazione Elvetica, da benefattori e da
industriali, aveva il fine di rieducare i figli dei nomadi e di combattere il fenomeno del nomadismo.
Di fatto la campagna consistette in una politica di allontanamento forzato di bambini appartenenti al gruppo Jenisch dai propri genitori. Con il sostegno delle autorità svizzere i bambini Jenisch vennero sistematicamente sottratti alle loro famiglie e collocati in case, famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici e persino
prigioni. Molti di loro subirono violenze e furono sfruttati come manodopera a basso costo, numerose ragazze vennero sterilizzate.

Non si conosce il numero esatto dei bambini coinvolti nel programma, che oscilla tra i 585, certificati dagli archivi della Pro Juventute, in gran parte tenuti segreti per decenni, e i 2000 stimati.
Il programma verrà interrotto solo nel 1973.

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