È una Venezia grigia, uggiosa, piovosa, quella che ci accoglie nelle primissime inquadrature di Assassinio a Venezia, il nuovo film di Kenneth Branagh in uscita al cinema il 14 settembre. La macchina da presa di sposta su piazza San Marco, inquadrata da angolature insolite, si sofferma sul campanile, sui Due Mori, sulle statue della chiesa. Sul sagrato, umido, si muovono frotte di piccioni. All’improvviso, un gabbiano plana su di loro e ne afferra uno con il becco. Hercule Poirot, il noto investigatore protagonista di questa storia, si sveglia di soprassalto. È un sogno premonitore? Una morte è in arrivo? Come lascia suggerire il titolo del film, tratto dal romanzo di Agatha Christie Hallowe’en Party (Poirot e la strage degli innocenti nella versione italiana), ci sarà un assassinio, forse più di uno. E toccherà all’investigatore trovare il colpevole. Stavolta anche sfidando la sua fede nella razionalità.
Venezia, 1947, la festa di Halloween
Siamo a Venezia, nel 1947. In città, dopo la fine della guerra, ci sono gli americani. Che hanno portato in città la loro musica (nell’aria risuona In The Mood di Glenn Miller) e le loro tradizioni, come la festa di Halloween. In un palazzo di Venezia, noto per leggende che lo vogliono legato a storie di morte e di fantasmi, una nobildonna, Rowena Drake (Kelly Reilly), dà una festa di Halloween per gli orfanelli di un istituto. Ma a palazzo, convocato dalla scrittrice di gialli Ariadne Oliver (Tina Fey), arriva anche Hercule Poirot (Kenneth Branagh). La padrona di casa, infatti, ha convocato una sensitiva, Joyce Reynolds (Michelle Yeoh) per provare ad evocare lo spirito della figlia, morta suicida. La sensitiva e i suoi assistenti sembrano essere degli impostori. Eppure, a un certo punto, accade qualcosa…
Giallo classico, ghost story, horror
Assassinio a Venezia è un film avvolgente, insinuante, carico di atmosfera. Kenneth Branagh prende tutti i tratti distintivi di Venezia – i palazzi, i canali, le gondole, la nebbia, le maschere del Carnevale – e riesce nell’impresa (rarissima) di non restituire della città un’immagine scontata, da cartolina. Anzi, piega tutti questi elementi al suo volere e li rende funzionali all’atmosfera del racconto. Che è davvero un’atmosfera speciale. Trasportando – dal libro originale – il racconto a Venezia e inserendo un elemento soprannaturale, lega il giallo classico alla ghost story e all’horror, rendendo tutto molto più emozionante. E regalando al pubblico anche qualche jumpscare, non proprio un elemento cardine dei film tratti da Agatha Christie. Al contempo omaggia la scrittrice rendendo la storia un giallo da camera, in cui i sospettati sono tutti, per una notte, chiusi dentro al lugubre e inquietante palazzo.
Siamo entrambi creature che parlano per i defunti
“Siamo entrambi creature che parlano per i defunti, che conoscono i morti” dice a Poirot la medium di Michelle Yeoh. Assassinio a Venezia è un giallo, un horror, ma è anche una riflessione sul lavoro dell’investigatore. E ancora, sullo scontro tra razionalità e irrazionalità. E sul senso del raccontare le storie per chi le narra e per chi le ascolta. Non è un caso che un altro personaggio chiave del film è una scrittrice. Perché, come sentiamo dire nel film, “le storie spaventose rendono la vita meno spaventosa”.
Kenneth Branagh e l’eredità di Agatha Christie
Assassinio a Venezia arriva dopo altri due fortunati adattamenti da Agatha Christie a opera di Kenneth Branagh, Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo. Un momento di grazia per l’autore, visto che, tra questi film, è riuscito anche a scrivere e dirigere il toccante Belfast, storia autobiografica. Se, negli anni Novanta, Branagh si era presentato come una sorta di curatore dell’eredità di William Shakespeare, ormai possiamo dire che sia il custode dell’eredità letteraria di una delle maestre del giallo. Ma è proprio il giallo classico che sta vivendo una sorta di luna di miele con il cinema. Oltre ai citati tre film di Branagh in questi anni sono andati molto bene Cena con delitto – Knives Out e Glass Onion – Knives Out, i gialli di Rian Johnson con Daniel Craig, e il brillante Omicidio nel West End, diretto da Tom George. Si tratta di un altro omaggio alla celebre scrittrice: si svolge infatti a Londra, West End, nel 1953, durante i festeggiamenti per la centesima rappresentazione di Trappola per topi, celebre opera teatrale di Agatha Christie.
Kenneth Branagh, occhi di ghiaccio e baffi d’ordinanza
Film di scrittura, di regia, di trama, Assassinio a Venezia è anche un grande film d’attori. Al centro della scena c’è ovviamente Kenneth Branagh, occhi di ghiaccio e lunghi baffi d’ordinanza, che ha dato un’altra fisicità all’Hercule Poirot che eravamo soliti associare a Peter Ustinov. Arrivati al terzo atto, siamo ormai abituati a identificare Poirot con il volto di Branagh. Accanto a lui c’è Kelly Reilly, i cui liquidi occhi blu riescono più che mai a trasmettere il dolore e la tristezza che il personaggio porta con sé. Tina Fey è presente nel ruolo della scrittrice, alter ego di Agatha Christie e omaggio all’autrice, e gioca in modo sobrio con la sua innata ironia. Scrittrice di gialli che spera nell’evento soprannaturale per trarne linfa per la sua letteratura, è l’antitesi di Poirot, che crede nel razionale, nel reale, nella sua capacità di deduzione quasi scientifica. Michelle Yeoh, eleganza innata e capelli velati di bianco, è la medium che esplode in un pezzo di bravura attoriale in una delle scene chiave del film. Ma nel cast ci sono anche Jude Hill, il giovanissimo e adorabile protagonista di Belfast, qui nei panni, molto diversi, del triste bambino Leopold Ferrier, e Jamie Dorman, ancora una volta nel ruolo di suo padre proprio come in Belfast. Nei panni di un poliziotto, Vitale Portfoglio, c’è anche il nostro Riccardo Scamarcio, il cui naturale appeal noir ben si adatta alle atmosfere del film. Di più non possiamo dirvi. Non vi resta che gustarvi questo giallo, e provare a trovare l’assassino.
di Maurizio Ermisino
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