L’attrice e conduttrice presenta al Lido il documentario Time to Change, di cui è voce narrante e guida. Un progetto nato dall’urgenza di salvaguardare il futuro del pianeta.
Esattamente un anno fa le toccava aprire nei panni della madrina la 79esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, da allora sono successe molte cose, Rocío Muñoz Morales nel frattempo ha anche scritto un libro, Dove nasce il sole, e ora torna al Lido per rivivere la “magia” del festival e accompagnare il documentario di Emanuele Imbucci, Time to Change, di cui è guida e voce narrante sulle tracce del viaggio attorno al mondo del fotografo Stefano Guindani mentre documenta con i suoi scatti lo stato di realizzazione dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Time to change è solo l’ultimo dei suoi progetti, in questi giorni è al cinema infatti con Uomini da marciapiede e nel 2024 sarà insieme al compagno Raoul Bova una delle concorrenti della quarta stagione del game di Amazon, Celebrity hunted. A breve tornerà a girare su un set, intanto ci dice “sto lavorando all’adattamento del mio libro per farne una storia per il cinema e ne sono felice, un pezzettino di cuore che sta prendendo vita”.
Torni a Venezia un anno dopo esserci stata da madrina. Che effetto fa? Hai visto qualche film?
Sì, ho visto Priscilla. Mi è piaciuto molto, soprattutto vederlo con lei (n.d.r. Priscilla Presley) presente in sala. Gli attori sono tutti brillanti, mi ha emozionata rivivere la magia della Sala Grande e l’amore per il cinema che si respira a Venezia. È stata una grande emozione e lo è anche essere qui oggi con un progetto nel quale credo profondamente. Time to change mi ha colpito, mi ha toccato in un modo delicato, sottile, mai furbo. È stato sincero, diretto, forse anche un po’ freddo ma proprio nella sobrietà e freddezza del racconto, l’ho trovato estremamente sincero. Mi ha smosso qualcosa dentro.
In Time to change accompagni il giro intorno al mondo del fotografo Stefano Guindani. Che viaggio è stato?
Non dobbiamo vivere il futuro come qualcosa di lontano, Time to change ci dice che è il momento di agire ‘ora’, ci troviamo in una situazione di urgenza e per questo non dobbiamo né arrabbiarci né urlare, ma solo fare, dobbiamo diventare concreti e essere consapevoli che tutti noi siamo responsabili di quello che accadrà domani o tra una settimana, di ciò che saremo tra due, dieci o quindici anni, di quello che saranno i nostri figli. Quindi è importante rispettare noi stessi, ciò che abbiamo intorno e vivere nel rispetto dei valori, nell’amore, senza perderci troppo in banalità.
Il documentario di Emanuele Imbucci è anche un viaggio nella diversità. Quanto è importante vivere in un mondo che la accetti?
La diversità è una realtà, dobbiamo essere coscienti del fatto che siamo tutti unici e diversi, il mondo è ricco in quanto diverso e quindi va curato anche nella diversità. Anzi, se non ci fosse la diversità sarebbe un mondo molto più piatto, abbiamo bisogno della diversità, curiamola e rispettiamola.
Hai esordito a teatro con Certe notti, uno spettacolo sul terremoto che colpì L’Aquila nel 2009, poi hai proseguito con una commedia di denuncia sociale Di’ che ti manda Picone, nel 2020 hai condotto la maratona Telethon. I tuoi progetti sono accomunati da un fil rouge che è quello dell’impegno civile. Quanto sono importanti gli strumenti dell’audiovisivo in questo senso?
Il cinema, il teatro e le storie raccontate hanno un potenziale incredibile, quello di arrivare al pubblico in maniera delicata, poetica, educata, ma anche diretta. Ed è importante parlarne sempre, fare politica: è essenziale parlare di educazione e di sanità, di tutto quelle cose che ci appartengono e sono il nostro presente, se poi lo si fa con il tocco di magia che solo il cinema ti può dare, è ancora meglio. Il mio essere Rocio non è molto lontano dal mio essere attrice, quindi è fondamentale per me scegliere dei progetti nei quali credo anche nella vita.
di Elisabetta Bartucca
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