C’è un momento, in Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno, in uscita al cinema il 12 luglio, in cui Ethan Hunt, davanti alla solita, incredibile evoluzione, si ferma, e crede di non farcela. Il suo sodale lo ha guidato in un percorso per raggiungere un treno in corsa. Ethan dovrebbe lanciarsi da un dirupo altissimo in moto, aprire il paracadute, cercare di non schiantarsi sulle rocce e atterrare su un treno in corsa. È un momento di grande autoironia da parte di Tom Cruise, e del suo alter ego Ethan Hunt. L’eroe d’azione per eccellenza, colui che può tutto, si ferma e ha dei dubbi. Sta parlando con un altro personaggio, ma è come se parlasse con il pubblico, con tutti noi. E ci dicesse che sì, queste scene d’azione sono veramente impossibili, che sta sfidando la nostra sospensione dell’incredulità. Ma è proprio questa la natura del cinema, e del suo cinema. In quel momento, ironico al massimo, ci sta dichiarando la natura iperbolica della saga di Mission: Impossible, ci sta svelando la finzione di tutto. E ci sta anche invitando a seguirlo. Nelle sue azioni spericolate (che in gran parte gira da solo, senza stunt) e al cinema, in sala, l’unico luogo dove un film come Mission: Impossible può essere seguito. Tom Cruise è l’uomo che ha salvato il cinema lo scorso anno con Top Gun: Maverick, e probabilmente lo salverà ancora con questo nuovo capitolo di Mission: Impossible. Si conferma una delle poche star del cinema a catalizzare l’attenzione del pubblico e a spostare gli equilibri. Il suo nuovo film è il meglio che possiate trovare oggi a livello di cinema d’azione. Ma dentro quel film d’azione ci sono molti altri film. Seguiteci e ve li racconteremo tutti.
La più terribile macchina di morte mai costruita dall’uomo
Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno inizia nelle profondità dei mari, dove sta viaggiando un sottomarino armato con delle testate nucleari. È la più terribile macchina di morte mai costruita dall’uomo, ed è impossibile da trovare grazie a un sistema che non la fa apparire ai radar. Ma, a un certo punto, quella macchina non risponde agli ordini: è governata da un’Intelligenza Artificiale che si è evoluta e ha preso il controllo della situazione. Nel frattempo Ethan Hunt e la sua Mission: Impossible Force vivono nell’ombra, come fantasmi, in un appartamento vuoto. È qui che ricevono un messaggio – che ovviamente si autodistruggerà entro 5 secondi – in cui ricevono l’incarico di recuperare due parti di una chiave preziosissima. È quella con cui si può controllare e resettare quell’Intelligenza Artificiale. È un oggetto che vorrebbero tutti i governi del mondo.
Giocare a scacchi con un algoritmo
Dopo una prima mezz’ora che è una partenza a razzo perfetta per ritmo e azione, e che funge da omaggio e riepilogo della saga di Mission: Impossible, con continui cambi di identità e le famose maschere che permettono che dietro a un volto si celi un’altra identità, il nuovo Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno comincia davvero. Ed è un film che continua sulla scia dei precedenti, ma che è anche molto diverso. Ha dei momenti di suspense alternati ad azione pura, momenti di ironia uniti ad altri incredibilmente cupi, come mai capitato in questa saga. Il senso di pericolo, oppressione e impotenza è dato dal nemico che incombe su di noi: è un’entità, qualcosa che è in nessun posto e contemporaneamente è ovunque. È l’Intelligenza Artificiale, e non ci faceva così paura dai tempi dell’HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio. Anche il cattivo del film (interpretato da Esai Morales) è un uomo che lavora per questa entità ed è comandato da lei. Il nuovo Mission: Impossible crea azione e spettacolo, ma riesce anche a raccontarci il contemporaneo, il nostro mondo di oggi dove il digitale pervade ogni cosa e tutto è guidato dai dati, dove ognuno di noi ha una sua “copia digitale”. Ma se qualcuno potesse riuscire a modificare quei dati e le identità digitali potrebbe ingannare chiunque, mascherare la realtà a creane un’altra. “Stai giocando a scacchi in quattro dimensioni con un algoritmo” è una delle frasi che colgono meglio il senso del film.
Hayley Atwell, dallo stupore alla malizia all’ironia
Tutto questo si traduce, come dicevamo, in un film che ne contiene dentro molti altri, un film stratificato ed eclettico. Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno è una matrioska. È un film d’azione e di spionaggio, ovviamente, il migliore che possiate trovare oggi. Dentro c’è anche una commedia brillante. In questo senso è interessante la scelta di utilizzare, per due dei ruoli principali della Mission Impossible Force, due attori che hanno nelle loro corde i registri comici, come Simon Pegg e Ving Rhames. Ma soprattutto dalla versatilità di un’attrice come Hayley Atwell, straordinaria, capace di passare dallo stupore alla malizia all’ironia in pochi tratti, e partner perfetta per una scena cult, come quella girata a Roma con la 500 gialla. È una scena che ha un che di inedito, per come mescola l’azione (un topos come l’inseguimento in auto) alla comicità. Poco prima, Hayley Atwell e Tom Cruise, nella scena all’aeroporto, sembravano ridare vita a un certo cinema giallo-rosa di altri tempi, come Sciarada e Caccia al ladro. Ma non è finita qui. Dentro questi generi c’è anche un film di fantascienza distopica, una riflessione sul rapporto tra uomo e macchina, tra anima e tecnologia. E ancora più a fondo, e questo è il cuore nero del film, c’è un racconto cupo, una sorta di tragedia shakespeariana in cui si parla di ruoli, di responsabilità, di scelte dolorose e delle relative conseguenze.
Un grande cast: Rebecca Ferguson, Vanessa Kirby, Pom Klementieff
Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno è un film che alza l’asticella del film d’azione e di spionaggio e ora passa la palla alla saga di James Bond, in via di ripartenza con il nuovo casting, per cui non sarà facile competere con la saga di Ethan Hunt. È merito di una scrittura semplice e ad effetto, di una regia eclettica e funzionale alla storia e allo spettacolo, e di un cast perfetto. Di Hayley Atwell, che seguiamo da tempo, ma qui ci ha davvero stupito, abbiamo detto. Ma il cast femminile non si ferma certo qui: ci sono Rebecca Ferguson, nei panni di Ilsa Faust, l’amore di Ethan Hunt, presenza affascinante e carismatica e volto regale; Vanessa Kirby, nei panni della Vedova Bianca, trafficante d’armi, dai colori glaciali, bionda con gli occhi blu, spiritata come una sorta di joker (e, senza svelarvi troppo, impegnata in un doppio ruolo di grande difficoltà). E la killer punk Pom Klementieff, che sembra un personaggio di un film muto, un replicante di Blade Runner ma che riserverà anche lei delle sorprese. Esai Morales è un cattivo inedito, spietato e invisibile, un maestro nel maneggiare le lame ma anche un uomo dominato da un’entità artificiale.
Christopher McQuarrie è l’Autore di Mission: Impossible
Ma il nuovo Mission: Impossible è anche un film di regia. Dopo una prima fase in cui la saga prevedeva un diverso autore a ogni prova, e quindi una serie di esercizi di stile – da Brian De Palma a John Woo, da J.J. Abrams a Brad Bird – il mondo di Mission: Impossible ha trovato il suo autore. Christopher McQuarrie ha preso in mano la saga mettendosi a disposizione del suo protagonista, della storia e delle emozioni. Qui ha la capacità di cambiare registri, toni, luci a ogni momento. Dall’inizio, con lo stile “classico” dei film di Mission: Impossible, passa a un’azione commedia gialla e solare come la 500 e i colori di Roma. Poi passa alle ombre funeree di Venezia e alla bellezza naturale della verde Austria per una delle scene d’azione più spettacolari della storia del cinema. Usa anche i riflessi degli schermi e i blu intensi per evocare il mondo dell’Intelligenza Artificiale. Che, sì, ci fa paura. Sostituirà l’uomo? Forse. Ma non potrà mai sostituire un attore come Tom Cruise.
di Maurizio Ermisino
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