Avevamo sempre pensato che le sirene fossero creature affascinanti e incantevoli, anche se Omero, nell’Odissea, vedeva quell’incanto in un altro senso… E abbiamo sempre pensato ai kraken come terribili mostri marini, terrore di ogni navigante che andasse per mare. Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, il nuovo film d’animazione della Dreamworks, al cinema dal 5 luglio, ci piace già perché ribalta quello che credevamo di sapere: i kraken, ci viene spiegato, in realtà sono i nobili protettori dei mari, e le sirene sono i loro nemici. Ma ci piace anche perché quella di Ruby è una storia di formazione: ci racconta la storia di una ragazza che non sa chi è e cosa diventerà, quale sarà il suo posto nel mondo e il suo futuro. Per una ragazza che è un kraken mascherato da umano è piuttosto particolare. Ma ogni adolescente, in fondo, ha gli stessi problemi e si fa le stesse domande. Per questo il nuovo film Dreamworks guarda un po’ più in là, non solo a un pubblico di bambini (insieme agli adulti), ma anche a preadolescenti e adolescenti. Come recita il titolo originale, Ruby Gillman, teenage kraken.
Ruby Gillman è una sedicenne che cerca disperatamente di integrarsi tra i ragazzi della sua scuola, la Oceanside High, ma si sente invisibile. Fa da tutor di matematica al ragazzo che le piace ma, come da manuale, non ha il coraggio di dichiararsi. Ruby non può frequentare i ragazzi più fighi della spiaggia perché la sua mamma iperprotettiva (che nella versione originale ha la voce di Toni Collette) le ha proibito a di avvicinarsi all’acqua. La cosa, lo capirà Ruby e lo capiremo noi, ha un suo perché. Infatti, quando Ruby infrange la regola n. 1 di sua madre, scopre di essere una discendente diretta delle regine guerriere kraken e di essere destinata a ereditare il trono della nonna (Jane Fonda nella versione originale), la Regina Guerriera dei Sette Mari.
Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli è un film molto particolare. È animazione, ma questa è solo la forma. Dentro ci sono molti generi. Ci sono il teen drama, perché la cornice è quella classica dei film adolescenziali ambientati al liceo, con le mean girls, le outsider, la protagonista timida e insicura, il ragazzo amato e la rivale. E quindi c’è anche il romanzo di formazione. Poi ci sono il monster movie, con la prima trasformazione che porta tutta una serie di scene alla Godzilla, o Jurassic Park, quelle in cui size matters, le dimensioni contano. Ma sotto a tutto questo ci sono le leggende dei mari, le vecchie storie di pirati, quelle in cui il kraken è il mostro marino più temuto. Anche se qui, come dicevamo, tutto è ribaltato: i kraken sono buoni e le sirene sono le cattive… Per finire, poi, il film vira verso l’azione, con quei combattimenti acquatici e quei colori fluorescenti che ci portano tra Aquaman e Avatar: La via dell’acqua.
Parlavamo di romanzo di formazione. Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli in fondo lo è. Come in Red, sottovalutato film d’animazione della Pixar, la trasformazione in qualcos’altro è una metafora dell’adolescenza. In questi film ci si trasforma, all’improvviso, in qualcosa di completamente diverso, un kraken o un panda rosso gigante. Nella realtà si cambia lentamente, ma si stenta a riconoscersi in un nuovo corpo e un nuovo modo di pensare. A volte si ha voglia di scomparire, di non essere visti. A volte si vorrebbe essere visti e invece si è invisibili. L’adolescenza è quella terra di mezzo in cui non si è più bambini e non si è ancora adulti. Non si è né carne né pesce. E, anche se questa frase su Ruby fa sorridere, se ci pensate è proprio così. Ruby è divisa tra due mondi, quello umano e quello marino. Ma ogni adolescente, in fondo, è diviso tra due mondi.
L’animazione di Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli è molto particolare, soprattutto nel character design. È come se i personaggi fossero plasmati, modellati nella plastilina, come quando si creano per la stop motion. Sono figure stondate, morbide, molto semplici, che contrastano con gli sfondi, ad esempio quelli del mare, che sono più fotorealistici. Ma questo character design dà ai personaggi quella elasticità e quella flessibilità che serve loro a ingrandirsi e rimpicciolirsi, a rendere credibile che un piccolo kraken si possa camuffare da umano, e passare da una forma all’altra. Si tratta di crederci. Ma ci si crede volentieri. In fondo non è sempre così ogni volta che andiamo al cinema?
di Maurizio Ermisino
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