Sono passati quindici anni da quando uscì nelle sale Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, quarto capitolo della saga con l’archeologo più famoso della storia del cinema. Quel film sembrava la sua ultima avventura, con un matrimonio finale e un esplicito passaggio di consegne con il figlio Mutt, che aveva il volto di Shia LeBoeuf. E invece Indiana Jones e il quadrante del destino segna il ritorno sul grande schermo del suo iconico cappello, della sua frusta, delle sue scazzottate. Insomma, Indy è tornato, e tra l’altro del suo presunto “erede” nessuna traccia. Chi pensava che Harrison Ford non avrebbe più potuto interpretare il professor Jones si sbagliava di grosso. Ford è Indy e, per quanto sia stato fatto il tentativo, di eredi non ce ne possono proprio essere.
Ma se senza il suo storico interprete il personaggio non ha diritto di esistere, discorso diverso va fatto per la regia. Dietro la macchina da presa, infatti, non troviamo più Steven Spielberg, che ha diretto i primi quattro film e ha co-creato il personaggio con l’amico George Lucas, bensì James Mangold, regista che si muove con dimestichezza tra avventura, action e personaggi iconici (suoi Wolverine, Logan e Le Mans ‘66) “È un’enorme responsabilità quella che ci siamo presi io e la mia squadra nel realizzare un quinto film di Indiana Jones”, ha dichiarato Mangold, grande fan della saga. “Ho visto I predatori dell’arca perduta quando avevo 17 anni e quel film rimane uno dei motivi per cui sono voluto diventare un regista.” Altre new entry le troviamo nel cast e sono il villain di turno Mads Mikkelsen e la nuova spalla di Indy, Phoebe Waller-Bridge, nota al pubblico per la serie Fleabag e qui nei panni della figlioccia Helena. Immancabile conferma, invece, per l’eterno John Williams alle musiche, con il suo storico leit motiv che accompagna le avventure di Indy.
Le riprese del film si sono svolte da giugno 2021 a febbraio 2022, tra Inghilterra, Scozia, Italia e Marocco. Mangold ha voluto evitare l’utilizzo del Volume – il videowall all’avanguardia sviluppato dalla Industrial Light & Magic per The Mandalorian, che consente di ambientare i film in qualunque location si desideri con un budget limitato) – per rispettare l’atmosfera itinerante dei primi film del franchise, tra l’altro riducendo il più possibile le scene con uso di CGI. Una scelta quasi nostalgica quella del regista, che non voleva realizzare un’opera chi si distaccasse troppo dalle precedenti, da ogni punto di vista.
E infatti tutti i classici elementi dei film di Indiana Jones ci sono tutti: adrenalina, inseguimenti, ironia, la ricerca di un oggetto misterioso, i villain nazisti, qualche elemento soprannaturale che fa irruzione nel racconto.
La storia è ambientata nel 1969, nell’estate dello sbarco sulla Luna. Indiana Jones ha appeso la frusta al chiodo e ormai si dedica solo all’insegnamento all’università di New York. Depresso per un divorzio imminente e per la perdita del figlio, riceve improvvisamente la visita di Helena Shaw, figlia di un vecchio amico che morì a causa di una sua vecchia “ossessione”: la macchina di Anticitera, dispositivo meccanico inventato nientemeno che da Archimede per scovare buchi temporali. La metà del suo quadrante è conservato proprio negli archivi di Indiana Jones, che lo aveva rubato ai nazisti nel 1944. Helena vorrebbe recuperare questo reperto e venderlo a un’asta in Marocco. Ma a desiderare lo stesso oggetto è Jürgen Voller, ex nazista che lavora alla NASA nonché vecchia conoscenza di Indy, con l’obiettivo di viaggiare nel tempo e cambiare la storia…
“Desideravo soltanto che Indiana Jones e il quadrante del destino fosse un buon film, volevo che raccontasse una buona storia – ha detto Ford, che ha tra l’altro ricevuto la Palma d’Oro alla carriera all’ultimo Festival di Cannes. “Volevo che la saga in qualche modo si chiudesse, che il personaggio potesse fare un bilancio della sua vita, che sentisse finalmente il peso degli anni, rassegnandosi al fatto che il tempo passa anche per lui”. Tempo che però il film riesce in qualche modo a vincere, restituendoci anche un Indiana Jones giovane.
Nella prima sequenza, infatti, troviamo Indy nel 1944 in uno scoppiettante inseguimento in treno. Qui Ford è stato ringiovanito grazie alla tecnologia e lo vediamo proprio con il volto di un tempo. “La tecnologia si talmente è evoluta che mi sembra tutto assolutamente realistico, quel volto è il mio. Non è un effetto in stile Photoshop, io ero così 35 anni fa, anche perché la Lucasfilm ha ogni fotogramma dei film che abbiamo fatto insieme in tutti questi anni”. Ma nonostante gli abbia fatto piacere rivedersi quarantenne, l’attore si sente assolutamente a suo agio con i suoi 81 anni. “Sono felice dell’età che ho. Mi piace essere un anziano. È chiaro, è stato bello essere giovani, ma potrei essere morto e invece sono ancora al lavoro“. E allora lunga vita ad Harrison Ford. Lunga vita a Indiana Jones.
di Antonio Valerio Spera
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