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TÁR: Cate Blanchett è da Oscar nel film di Todd Field

“La nostra sola casa è il podio” è solito pensare un grande direttore d’orchestra, eternamente in giro per il mondo a divulgare musica e vibrazioni. TÁR, il nuovo film di Todd Field candidato a sei premi Oscar, tra cui miglior film, miglior regia e miglior attrice protagonista a una straordinaria Cate Blanchett, è la storia di una donna che fa il direttore d’orchestra. Il film si apre con un’intervista tra Adam Gopnik e Lydia Tár al New Yorker Festival. Mentre viene presentata dal moderatore, in montaggio alternato la vediamo provare i costosi e preziosi abiti su misura che stanno confezionando per lei. Sono abiti rigorosamente maschili. E già da qui capiamo una delle chiavi del film. TÁR è la storia di una donna in un contesto che finora è stato spesso maschile. E del rapporto di questa donna con il potere, oltre che con gli affetti.

Lydia Tár (Cate Blanchett) è la rivoluzionaria direttrice di una delle principali orchestre tedesche, ed è all’apice della sua carriera. È impegnata sia nella presentazione di un libro che in un’attesissima esibizione dal vivo della Quinta Sinfonia di Mahler. Con il sostegno del consulente finanziario e direttore d’orchestra amatoriale Eliot Kaplan (Mark Strong), la Tár ha fondato la Accordion Conducting Fellowship, il cui principio fondatore era quello di offrire opportunità imprenditoriali e contratti lavorativi alle giovani direttrici d’orchestra. Dopo esser stata direttrice ospite a Berlino, Lydia Tár è diventata la principale direttrice dell’orchestra, posizione che ha ricoperto per sette anni. Quanto alla vita privata, Lydia Tár vive una relazione a lungo termine con il primo violino di Berlino, Sharon Goodnow (Nina Hoss), con la quale crescono la loro figlia adottiva siriana, Petra (Mila Bogojevic), di cui Lydia dice di essere “il padre”. La Tár è vicina al suo mentore e predecessore Andris Davis (Julian Glover), che la aiuta ad affrontare le intricate complessità della sua posizione. E lei stessa fa da mentore a Francesca Lentini (Noémie Merlant), la sua giovane assistente che spera un giorno di diventare una direttrice d’orchestra.

La Cate Blanchett che impersona Lydia Tàr è una donna sobria, senza trucco, o almeno senza un trucco apparente. I capelli sono di un biondo cenere, poco acceso, poco appariscente. Ha delle rughe sottili, a loro modo eleganti, attorno agli occhi, e delle rughe d’espressione agli angoli della bocca e della fronte. La sua è un’interpretazione intensa. Cate Blanchett entra nei panni di Lydia Tàr con un contegno che diventa spesso una carica trascinante, a volte anche incontenibile. La sua voce (se potete, vedete in film in lingua originale) è dura, secca, dai toni decisi. Per capire che attrice sia oggi Cate Blanchett godetevi la scena dell’audizione per il solista per la parte di violoncello. Guardate la soddisfazione sul volto al momento in cui sente il suono che cerca, durante l’esecuzione della nuova, giovane violoncellista. Gli occhi sono aperti, poi si chiudono. E sul volto appare un lieve sorriso, appena accennato. Per questa interpretazione, l’attrice ha vinto la Coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia.

La vita di Lydia Tár è una rosa piena di spine. La giovane direttrice che si suicida. L’assistente, Francesca, che sa molte cose, che la segue fedele, ma probabilmente è interessata. E all’improvviso… E quella nuova violoncellista che Lydia segue in maniera così attenta, con una passione che forse non è solo professionale. E che mina il rapporto con la sua compagna. Sono una serie di crepe che, a una ad una, vengono fuori e cominciano a rovinare quella splendida facciata che è stata finora la carriera di Lydia.

Il film vive di una tensione costante, di momenti inquietanti, con l’idea che qualcosa potrebbe esplodere da un momento all’altro, che il lieve equilibrio di questa vita potrebbe saltare in un istante. Ha momenti da thriller, e in fondo è un thriller dell’anima. Ha momenti grotteschi, altri più intimi. Ha il difetto di allungare la storia con molti dettagli, molte cose che potrebbero sembrarvi divagazioni, anche se probabilmente il regista le ha lasciate per costruire il personaggio e la cornice. Quando i nodi vengono al pettine, quando il castello di carte messo in piedi dalla protagonista comincia a crollare, il film è già quasi alla fine. E sembra andare molto veloce, quando se ne vorrebbe sapere di più di quello che sta succedendo. Tár, allora, è un film sbilanciato, imperfetto, ma molto umano, vitale, pieno di sorprese. “Sembra che tu non sappia né da dove vieni, né dove vai” dice a Lydia un familiare. E, tra queste sorprese, c’è anche un finale bellissimo che, proprio all’ultimo istante, svela il punto di arrivo della parabola di Lydia Tár, una donna che, come un uomo tanti secoli fa, Icaro, probabilmente ha provato a volare così in alto verso il sole da bruciare le proprie ali e cadere.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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