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Don’t Worry Darling: La fabbrica delle mogli secondo Olivia Wilde

Ricordate La fabbrica delle mogli? Era un romanzo di Ira Levin portato sullo schermo un paio di volte, la prima volta negli anni Settanta, con il film omonimo, la seconda volta nei primi duemila, con il titolo La donna perfetta, e Nicole Kidman come protagonista. Quel libro raccontava un mondo “idilliaco”, America anni Cinquanta, dove i mariti andavano a lavorare, vestiti di tutto punto. e le mogli perfette, preparavano loro la colazione, e li aspettavano a casa, dopo aver preparato la cena, vestite in abito da cocktail e porgendo loro il drink di benvenuto dopo una giornata di lavoro. Don’t Worry Darling, il film di Olivia Wilde presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia e ora disponibile per l’acquisto e il noleggio (su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, Microsoft Film & TV e a noleggio su Sky Primafila e Mediaset Infinity), parte dagli stessi presupposti per raccontare una storia in realtà molto diversa. Che però, probabilmente, vuole dirci la stessa cosa. Don’t Worry Darling è un film che vi abbaglierà con la sua forma e vi terrà incollati allo schermo. E, una volta finito, vi rimarrà incolato addosso per un bel po’.

Nel deserto di Palm Springs, in mezzo al nulla, esiste un centro residenziale. È quello dei dipendenti del Progetto Victory: un mondo verde e rigoglioso, fatto di casette bianche e pulite, ognuna con davanti il suo giardino, dove è parcheggiata una macchina dalla carrozzeria scintillante. Ogni mattina, su quelle macchine salgono i mariti, eleganti, e perfettamente pettinati: le mogli li salutano dal vialetto di casa, e, mentre loro vanno a lavorare, fanno le faccende domestiche. Non solo, un tram le pota in città per lo shopping, e tutte insieme, fanno lezione di danza. É tra queste persone che vivono Alice (Florence Pugh) e Jack (Harry Stiles, compagno della regista Olivia Wilde). Mentre tra le mogli del centro residenziale arriva una nuova moglie, Violet (Sydney Chandler), tutti sembrano prendere dalle labbra del leader Frank (Chris Pine), Amministratore, maestro di vita, deus ex machina.  Gli uomini sono totalmente dediti al Progetto Victory. Ma che cosa fanno? No, questo non possono dirlo alle loro mogli.

Alice ha quel viso furbo, quel piglio per nulla arrendevole, quella personalità che non le permette di non pensare. È normale che sia la prima a non stare al gioco, quando le arrivano le prime avvisaglie. In quel quartiere così lindo e patinato, tutto d’un tratto, si sentono fortissimi rumori, come esplosioni o terremoti. Le uova che ha in cucina sono vuote, finte. E una delle mogli comincia a comportarsi in modo strano. “Che cosa ci facciamo qui?” grida a una festa. Ed è proprio la domanda che si fa Alice, che continua ad avere delle visioni, e che ci facciamo noi per tutto il film.

Come avrete capito, Don’t Worry Darling segue, a livello narrativo, lo schema classico di Rosemary’s Baby e di tutti i film che sono seguiti: una donna comincia ad avvertire che nel mondo in cui vive c’è qualcosa di strano, ma nessuno intorno a lei le crede. È pazza? Ha un esaurimento nervoso? O ha ragione lei? Il film ci fa capire abbastanza presto da che parte stare, ma continua a tenerci incollati, per capire dove stia andando la storia. Se, a livello di percezione, lo schema è quello di Rosemary’s Baby, a livello concettuale e visivo siamo dalle parti di The Truman Show e WandaVision, un viaggio in mondi idilliaci che non lo sono affatto, che nascondono qualcosa. Il film, come detto, deve molto anche agli adattamenti cinematografici de La fabbrica delle mogli. E, se il plot twist è completamente diverso, in fondo il messaggio è lo stesso

Thriller dell’anima senza assassini e mostri, Don’t Worry Darling è un’acida e spietata metafora della nostra società, che, sembrano volerci dire gli autori, non pare in fondo ancora oggi molto lontana da quegli anni Cinquanta. Don’t Worry Darling è la metafora di un mondo che pensa ancora oggi troppo in modo maschile, che aspira a un ordine in cui il maschio sia ancora dominante, e la donna relegata a un ruolo subordinato, al servizio del compagno. Un mondo in cui c’è ancora che crede di sapere quale sia la felicità per una donna, senza chiederlo a lei. La realizzazione, le aspirazioni, la propria identità non sono permesse. Don’t Worry Darling porta tutto all’eccesso, certo. Ma siamo sicuri di essere tanto lontani dalla realtà?

Don’t Worry Darling, dopo un’ora e mezza di tensione sottile e atmosfera d’attesa, svela tutto con un plot twist duro, non scontato e coerente con il racconto. Olivia Wilde, attrice bellissima lanciata da Dr. House e musa della sottovalutata serie Vinyl, si è forse trovata spesso a rischiare di diventare una donna oggetto, una bella e basta, e la regia di questo film – pulita, visionaria, funzionale alla storia, per quanto il film sia inevitabilmente derivativo – è il modo migliore per dimostrarlo. Il suo film è una coltellata nello stomaco. Soprattutto in quello di tanti maschi. Ma non preoccupatevi, il mondo sta cambiando.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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