“It’s time to let go”. “È ora di lasciar andare il passato”. È un dialogo che arriva in un momento chiave di Top Gun: Maverick, il film di Joseph Kosinski con Tom Cruise che riprende la storia del classico degli anni Ottanta, e che arriva finalmente nelle nostre sale il 25 maggio, dopo un passaggio, fuori concorso, al Festival di Cannes. È un momento molto commovente, che non vogliamo svelarvi, tra due personaggi fondamentali in quella che è stata la costruzione del mito di Top Gun. Quel lasciar andare il passato ha senso per la storia del film, lo capirete. Ma Top Gun: Maverick, che è dedicato alla memoria di Tony Scott, il regista del film del 1986, scomparso nel 2012, il passato non ha voglia di lasciarlo andare affatto. Sin dalle prime scene capiamo che ogni cosa in Top Gun: Maverick ci riporterà indietro nel tempo, a quel primo film. Anche questo ha un senso, nell’ottica delle scelte di Hollywood degli ultimi anni. Ma, quando a farlo è Tom Cruise, tutto è incredibilmente emozionante. “Takes our breath away”, ci toglie il fiato, hanno scritto i giornali americani, riferendosi alla famosa canzone del primo film.
Il Tenente Pete “Maverick” Mitchell (Tom Cruise) è ancora quel cane sciolto che passava in volo radente alla torre di controllo, anche se ora non lo fa più. È tra i migliori aviatori della Marina, dopo più di trent’anni di servizio è ancora nell’unico posto in cui vorrebbe essere. Evita la promozione che non gli permetterebbe più di volare, e si spinge ancora una volta oltre i limiti, collaudando coraggiosamente nuovi aerei. Anche se c’è chi gli dice che il futuro è alle porte, e che lui non ne fa più parte: i nuovi aerei volano senza piloti. Maverick viene chiamato ad addestrare una squadra speciale di allievi dell’accademia Top Gun per una missione segreta, e così incontra il Tenente Bradley Bradshaw (Miles Teller), nome di battaglia “Rooster”, figlio del suo vecchio compagno di volo Nick Bradshaw, che tutti conosciamo come “Goose”.
Top Gun: Maverick ce lo fa capire subito, dai titoli di testa. La scritta che precede il film, i rintocchi che aprono il famoso tema di Harold Faltermeyer, la musica solenne che sfuma nel rock di Danger Zone di Kenny Loggins. E quelle immagini di aerei che decollano su una portaerei, in controluce. Top Gun: Maverick inizia esattamente come il film del 1986, ed è perfetto così. Vuole farci una promessa, vuole dirci che siamo in quel mondo. Il nuovo film con Tom Cruise mantiene le attese, e ci fa vedere esattamente tutto quello che vogliamo vedere. L’accesa competizione tra i piloti, le evoluzioni degli aerei, guidati da uomini che li stanno spingendo, e si stanno spingendo, oltre i propri limiti, le riprese mozzafiato in cui sembra davvero di essere dentro un caccia e di lanciarsi a perdifiato in picchiata. Cieli sterminati, mari infiniti, orizzonti al tramonto. Tutto in Top: Gun Maverick è spettacolare. Ed è da vedere al cinema.
Tutto è spettacolare e tutto è studiato per riprendere i canoni del film originale. Come quei sorrisi killer di Tom Cruise. E anche quelli di Jennifer Connelly, una delle new entry del cast: è Penny, una ragazza che ha ereditato il pub che frequentano i piloti e che lo gestisce. Nella storia capiamo che tra loro c’è stato qualcosa in passato e che potrebbe tornare. Guardatela attentamente: dai capelli illuminati di biondo, ai suoi sorrisi, a un certo contegno ammiccante e sicuro di sé, a quel modo sfidare Maverick, ma in maniera suadente, tutto riprende il personaggio di Kelly McGillis del film originale. Da quel film arriva, atteso a lungo, anche Val Kilmer, nel ruolo di Tom Kazansky, noto a tutti come Iceman. Il suo ruolo nel film è molto particolare. E il suo rapporto con Maverick è di quelli intensi, densi, commoventi.
In Top Gun: Maverick c’è tutto quello che vogliamo trovare perché il film è a tutti gli effetti un requel, o un legacy sequel, un tipo di prodotto molto in voga nella Hollywood degli ultimi anni. Gli ultimi Star Wars, Ghostbusters: Legacy, Matrix Resurrections, il quinto Scream sono tutti film di questo tipo. Il legacy sequel vede in scena una storia nota, accaduta molti anni prima, che in qualche modo si ripete. Ci sono dei nuovi protagonisti, più giovani, a cui viene passata l’eredità, e accanto a loro ci sono ovviamente i vecchi protagonisti, o almeno alcuni. Il legacy sequel, in una storia nuova, legata all’originale, deve portare in scena, dosandoli sapientemente, tutti gli elementi iconici e i marchi di fabbrica del film originale. Top Gun: Maverick fa tutto questo in maniera perfetta. Dopo la sequenza iniziale, Tom Cruise entra in scena, svelando uno ad uno gli elementi iconici di Top Gun, il giubbotto di pelle da aviatore, gli occhiali Ray-Ban, in una sorta di vestizione del guerriero. Che poi sale a cavallo. E allora ecco quella moto con cui, arrivato all’accademia, sfrecciava accanto alla pista mentre gli aerei decollavano. C’è ancora Great Balls Of Fire, la canzone che Maverick e Goose cantavano al piano. E c’è anche quella partita tra i piloti: non è pallavolo, ma football americano. Ma il senso di raccontare il cameratismo, e di mostrare corpi fotogenici, in stile anni Ottanta, è quello.
Ma Top Gun: Maverick è anche più intenso del suo predecessore. La sceneggiatura di Ehren Kruger, Eric Warren Singer e Christopher McQuarrie riesce a creare tensione e a valorizzare i rapporti tra i personaggi molto più di quello che faceva il film originale, dando vita a una storia credibile proprio per quello che riguarda le relazioni. Il fulcro di tutto è l’incontro/scontro tra Maverick e Rooster, il figlio del suo grande amico scomparso a cui vorrebbe fare da padre, ma a cui rischia di tarpare le ali. Mandarlo in missione, e fargli rischiare la vita? Non mandarlo, e provare a proteggerlo? Il rischio è che Rooster finisca per odiarlo comunque.
Ma che cos’è che rende il mondo di Top Gun così affascinante? È qualcosa di molto particolare. Pur essendo ambientato in un mondo militare non sembra, e probabilmente non è, un film di guerra: non ci sono le scene di combattimenti a terra, i morti, la devastazione. In alto, su nel cielo, sembra tutto staccato dal mondo, un gioco. Una simulazione o un videogame. Per questo vedere Top Gun; Maverick mentre è in atto una guerra non è qualcosa che turba. I film di Top Gun hanno piuttosto qualcosa di catartico, un senso di libertà e di fuga dal mondo. In fondo questa storia parla di un sogno dell’uomo dalla notte dei tempi, dal mito di Icaro: quello di volare. E, in questo senso, il film riesce a creare delle sequenze d’azione spettacolari. L’ultima mezzora vi farà aggrappare letteralmente alle poltrone del cinema per la tensione. Due sequenze, una di fila all’altra, che sono le migliori battaglie aeree mai viste al cinema. Sì, Top Gun: Maverick vi toglierà il respiro.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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