Jared Leto era stato scelto da James Cameron per il ruolo di Jack Dawson. Sì, avete capito bene, Jack Dawson, il protagonista di Titanic, il ruolo che diede la gloria e l’ingresso definitivo nello star system a Leonardo DiCaprio. Ma Jared Leto non si presentò al provino. Evidentemente era nel destino che l’attore americano non dovesse diventare famoso con quel ruolo. Ce l’avete presente il Jack di DiCaprio? Una bellezza scintillante, cristallina, la patina di un eroe. Ecco, Jared Leto non è fatto per questi ruoli. Bellissimo anche lui, a differenza del suo glorioso look da rockstar (è il leader della band 30 Seconds To Mars), nei suoi ruoli al cinema ha sempre dovuto sporcare la propria bellezza, mutare forma, spingere il suo corpo all’estremo. Non è un caso che, dopo alcuni ottimi ruoli, sarebbe diventato famoso qualche anno dopo Titanic, con Requiem For A Dream di Darren Aronofsky, nella parte di un tossicodipendente autodistruttivo. Ma di questo parleremo dopo.
In questi giorni abbiamo tutti negli occhi il suo Joker, un’apparizione fugace ma di quelle che restano impresse, in Zack Snyder’s Justice League, la nuova versione del film come la voleva Snyder. Il suo Joker non è centrale nella storia, appare solo verso la fine, in un incubo, ma Snyder non voleva perdere l’occasione di far interagire il Batman di Ben Affleck con il suo peggior nemico. Nel film il Joker di Jared Leto appare di schiena, in controluce, i capelli lunghi e colorati, il rosso delle labbra completamente sbavato. Il Joker ha la parlata saccente, tagliente, la voce sottile, cantilenante, beffarda. fastidiosa. “Io sono il tuo migliore amico, hai bisogno di me” dice a Batman. Vediamo la sua faccia sgranata, in primo piano, di profilo, stagliarsi su uno sfondo assolato, infuocato. I lineamenti perfetti, quasi femminili, di Leto ci sono sempre, ma sono trasfigurati: gli occhi sono affossati, persi nel trucco nero, i colori del viso sono quelli del Joker – il bianco, il rosso e il verde – ma sono sfumati, sfigurano il suo volto. Il rosso sangue delle labbra è sbavato e incrostato, l’occhio è folle è disperato. Il Joker è vestito con un giubbotto antiproiettile di un corpo Swat sopra quella che sembra essere una camicia di forza. L’occhio è fisso, umido, la mano trema. E poi quella risata, Quella risata che in fondo è un lamento.
Jared Leto è così. Se affronta un ruolo è per non passare inosservato. Che sia un film intero o che siano 10 minuti. Se entra in un ruolo è per viverlo completamente, corpo e spirito, a costo di non uscirne facilmente. Il suo primo ruolo estremo, come dicevamo, è quello di Harry Goldfarb in Requiem For A Dream, un tossicodipendente, un ragazzo che vede nella droga un possibile business, l’occasione per svoltare: ma l’eroina viene tolta dal mercato dai fornitori, crollano gli affari e inizia l’astinenza. Darren Aronofsky, com’è nella sua poetica, prende corpi bellissimi e li sfianca, li devasta, li spinge al limite. Jared Leto si offre completamente a questo gioco, quasi che la sua bellezza sia qualcosa da cui liberarsi, qualcosa da eliminare a forza per dimostrare chi è. In questo film, come in altri, Leto allo stesso tempo scompare nel personaggio (non è più il divo, non è più la rockstar) e lo rende evidentissimo, qualcuno da cui non puoi staccare gli occhi di dosso.
Sembra quasi che sia uno scotto da pagare per la troppa bellezza. Non è un caso che, in altri due ruoli all’inizio della sua carriera, Leto abbia scelto sempre dei personaggi la cui bellezza veniva martoriata, devastata. In Fight Club, di David Fincher, basato sul romanzo di Chuck Palahniuk, Leto è Angel Face, uno dei membri del club e dei seguaci di Tyler Durden, un ragazzo che viene picchiato a sangue fino a diventare irriconoscibile. In American Psycho di Mary Harron, un altro film tratto da un romanzo cult e controverso, quello di Bret Easton Ellis, è Paul Allen, uno yuppie, un altro uomo brillante e bellissimo, un rivale del protagonista Patrick Bateman, che viene ucciso brutalmente (anche se in una scena comica dove si parla della band Huey Lewis and the News).
Ma non sono solo i suoi personaggi a risultare provati, violati, distrutti dalle vicende che affrontano. È lo stesso attore che chiede moltissimo al suo corpo e alla sua testa, che affronta sfide non facili per entrare nel personaggio, con il rischio che poi fatichi ad uscirne. Per entrare nel ruolo di Harry Goldfarb in Requiem for a Dream scelse di vivere per le strade di New York e di non avere rapporti sessuali per due mesi prima di girare il film, in modo da provare a capire in qualche modo cosa può comportare l’astinenza dall’eroina. Il ruolo di Harry è una delle sue grandi trasformazioni, delle sue sfide che spingono oltre il limite il suo corpo: perse quasi 13 chili di peso, diventando quasi scheletrico. Mentre in Chapter 27, in cui dava corpo e anima a Mark David Chapman, l’assassino di John Lennon, aumentò il suo peso di circa 30 chili. È stata una sfida ancora più impegnativa, che gli procurò la gotta e lo costrinse a usare una sedia a rotelle. Per tornare alla normalità, Leto si affidò a una dieta di soli liquidi, a base di limonata, pepe di Caienna e acqua.
Molti anni dopo Jared Leto avrebbe ritentato una di queste imprese. In Dallas Buyers Club, in cui appare in un ruolo di supporto accanto al protagonista Matthew McConaughey, quello di Rayon, Leto si spoglia ancora della sua aura da rockstar, ormai affermata, per donare i suoi lineamenti delicati a un uomo che si sente donna e vorrebbe esserlo. Il suo look è ispirato in parte a Marc Bolan, star del glam rock degli anni Settanta. Ancora una volta è dimagrito notevolmente, quasi 14 chili. E, per entrare nel personaggio, durante le riprese girava vestito da donna anche fuori dal set.
Attraverso una lunga galleria di ruoli, che comprendono l’eclettico protagonista di Mr. Nobody di Jaco Van Dormael, quello in Blade Runner 2049, ma anche altri rifiuti (Flags Of Our Fathers di Clint Eastwood, e Awake – Anestesia cosciente, tra gli altri) arriviamo ai giorni nostri. Accanto al Joker di Snyder, criminale eccessivo e appariscente, ce n’è un altro, anonimo e grigio, quello che vediamo in Fino all’ultimo indizio (The Little Things), di John Lee Hancock. Non sappiamo se è proprio un criminale. Certo, è uno degli indiziati per i delitti su cui i poliziotti Denzel Washington e Rami Malek stanno indagando. È un uomo qualunque, dall’aspetto trascurato, smunto, unto, ha lo sguardo folle e affebbrato. Ancora una volta, come il suo Joker, ma in modo completamente diverso, è irridente, indisponente. È uno di quei personaggi che ami odiare. Ancora una volta Jared Leto è andato agli antipodi della sua immagine, si è mimetizzato, è mutato. Qualsiasi sia il suo ruolo, lui ogni volta è l’outsider. È il Joker. Nel senso che è la carta che scompagina il mazzo.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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