Per diventare un’icona non basta solo una cosa. Nel mondo del rock, soprattutto. Non basta una grande voce. Non basta un aspetto seducente. Non basta un’abilità a incantare le folle su un palco. No, serve una storia. Serve un vissuto. Servono le cicatrici. Dave Gahan ha tutto questo. È uno che è stato due volte all’inferno ed è ritornato. Per raccontarci com’è. E come potrebbe essere il paradiso. Dave Gahan è il frontman dei Depeche Mode, e ora è il testimonial di Christian Dior per la prossima collezione invernale firmata da Kris Von Assche. La moda flirta sempre di più con il mondo del rock. È da qui che arrivano le icone, i modelli, i volti impressi nell’immaginario collettivo. I volti che hanno lasciato un segno perché segnati a loro volta dalla vita e dall’esperienza.
È curioso che Dave Gahan sia scelto come testimonial per degli abiti. I suoi concerti con i Depeche Mode seguono un rituale preciso. Esce sul palco in pantaloni neri attillati e giacca, ma si toglie presto questa, restando coperto solo da un gilet. E spesso neanche da quello, con il torso nudo, dove spiccano i tanti tatuaggi, il fisico asciutto e nervoso. Quel fisico che danzando, ondeggiando, fissandosi in pose ben precise trascina ogni sera il pubblico dei suoi concerti. Gahan è il perfetto maestro di cerimonia del rito Depeche Mode: con i gesti, con le urla, con i suoi incitamenti guida a piacimento il pubblico. Fino all’apoteosi, quella Never Let Me Down Again in cui fa ondeggiare a destra e sinistra le braccia tese di migliaia di persone, come se fosse una messe di grano sfiorata dal vento, o un mare in tempesta.
Dave Gahan viene dalla classe operaia, da una famiglia di Basildon, nell’Essex, Inghilterra. Cresciuto senza un padre (il padre biologico lasciò subito la famiglia e si fece vedere molto di rado, il patrigno morì precocemente), Gahan è un adolescente ribelle e trasgressivo. Viene accusato spesso di vandalismo e furti. Da giovane è un punk, e frequenta anche una scuola da stilista (il Southrend Art College di Londra). Non diventerà mai un creatore di moda. Ma a quella scuola conosce altri due ragazzi, Martin Gore e Andy Fletcher, che con lui diventeranno i Depeche Mode (e anche Alison Moyet, futura cantante degli Yazoo). Con loro ci sarà Vince Clarke, che Gahan conosce nel 1980, come leader della band French Look. Insieme a Gore e Fletcher crea prima i Composition Of Sound, poi arruola Gahan e nascono i Depeche Mode. Il nome è ispirato a una rivista di moda francese. Evidentemente è il suo destino. Il suono è un technopop giocoso e vivace, che si fa man mano più cupo, corposo, sinfonico, dopo che Clarke lascia la band e Martin Gore diventa l’autore principale della band. La svolta dark arriva con Black Celebration e il successo mondiale con Music For The Masses, dove ci sono grandi classici come Never Let Me Down Again e Strangelove, fissati per sempre nel nostro immaginario anche grazie ai video nel bianco e nero sgranato di Anton Corbijn. Violator è il disco di Enjoy The Silence e soprattutto di Personal Jesus, dove la loro musica vira verso un blues elettronico. Con Songs Of Faith And Devotion la svolta rock e blues è definitiva, ed entrano sempre più in scena veri strumenti: la chitarra e la batteria.
Dave Gahan si è ormai trasferito a Los Angeles. Ma quella che si chiama la città degli angeli è invece sempre più un covo di demoni. È capitato a David Bowie negli anni Settanta. Capita a Gahan negli anni Novanta. Il frontman dei Depeche Mode esagera sempre più nel consumo di droghe. Nel 1995 sfiora l’inferno e ritorna per la prima volta: tenta il suicidio, ma viene salvato. In quegli anni è spesso preda di allucinazioni e deliri. Ma il 28 maggio del 1996 un’overdose di speedball, un mix di eroina e cocaina, gli è quasi fatale. Viene dichiarato clinicamente morto per tre minuti. Ma ritorna ancora una volta dall’inferno. Stavolta per restare tra noi. È l’episodio che lo porta a disintossicarsi. E la sua nuova vita ricomincia. Ancora i Depeche Mode, con Ultra e molti altri dischi. E poi la carriera solista. E i Soulsavers.
La sua voce baritonale è perfetta per quel blues elettronico, seducente e straniante che è la musica dei Depeche Mode. È l’elemento umano nella macchina. È perfetta come controaltare della voce angelica di Martin Gore, l’altra anima dei Depeche Mode. Dave Gahan, quel volto imberbe con i capelli a spazzola che ballava nel video di I Just Can’t Get Enough, è diventato un rock hero negli anni Novanta, in piena era grunge, con pizzo e capelli lunghi, Oggi è un uomo maturo, i capelli corti ma non troppo, un filo di barba, bianca e nera, e le rughe che solcano il suo viso. Ogni segno sul suo volto, ogni graffio nella sua voce sembra raccontarci quello che ha passato. È anche questo che fa di una rockstar qualcosa di più. Un’icona.
In questi ultimi mesi affiorano storie, ricordi, della sua amicizia con David Bowie, le ore trascorse insieme a New York, dove Gahan vive oggi, e dove i figli delle due rockstar frequentavano le stesse scuole. Quel Bowie senza il quale non ci sarebbero i Depeche Mode, probabilmente. Quel Bowie a cui, quando era in vita, Gahan non ha mai dimostrato la sua ammirazione. Lo fa ora, nel Global Spirit Tour, quando, ogni sera, durante i bis, intona la sua versione di Heroes. Minimale, spoglia, ma intensissima, un arpeggio di chitarra, dei beat elettronici, E poi la voce di Gahan. Per una delle migliori versioni del classico del Duca Bianco. Il bello di essere una rockstar è di poter dire grazie in questo modo. Da icona a icona.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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