Anche chi non è un esperto di moda ormai conosce Anna Wintour, la potentissima direttrice di Vogue America, bibbia di tutto quello che è fashion. La conosce perché Miranda Priestley, l’indimenticabile personaggio interpretato da Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, è ispirato a lei. Ma conoscere bene Miranda significa conoscere bene anche Anna? Certo, la direttrice di Runway (è così che si chiama la rivista nel film) è passata attraverso un doppio meccanismo di finzione, diventando prima la protagonista del libro, e poi del film dal quale è tratto. È una figura letteraria e poi di celluloide, per sua natura “larger than life”, ma è stata costruita da qualcuno, Lauren Weisberger, che è stata davvero la sua assistente. Cosa c’è di vero allora su questa direttrice spietata e workaholic, insensibile ma rispettosa (pensate al finale del film), maniaca e potentissima? Anna Wintour è davvero in grado di influenzare il mondo della moda, fino a far cambiare una collezione a uno stilista?
In realtà la vita di Anna Wintour è ancora più interessante del film e del libro che le hanno dedicato. Anna è una che a 16 anni, al colloquio con l’allora direttrice di Vogue, Grace Mirabella, alla domanda su quale posto volesse ricoprire, rispose con decisione “il suo”. Direttrice di Vogue America lo è in effetti diventata, dal 1988, e non ha più lasciato il trono. Dal 2013 è anche direttrice artistica del gruppo Condè Nast, che edita Vogue. Creatrice di icone per definizione – visto che dirige una rivista di moda – Anna Wintour, londinese classe 1949, è a sua volta diventata un’icona del mondo del fashion. Il suo inconfondibile e perfetto caschetto di capelli biondi è il simbolo che la contraddistingue da anni (e in questo ha molto più stile della sua omologa di finzione, Miranda Priestley), insieme agli occhiali da sole e alle braccia incrociate sul petto. Da anni è seduta sempre in prima fila alle sfilate di moda più importanti di tutto il mondo.
Anna Wintour è estremamente potente. Si sa come prediliga gli stilisti americani rispetto, ad esempio, a quelli italiani (c’è solo Prada tra i suoi prediletti), tanto che pare abbia provato, e a volte ci sia riuscita, a ridurre le giornate della settimana della moda a Milano da sette a cinque giorni per non dover rimanere troppi giorni in Italia. La cosa pare non piaccia a molti, da Krizia a Roberto Cavalli, fino a Giorgio Armani. E poi Anna Wintour è estremamente, diciamo così, selettiva. Pare che non ami le persone sovrappeso, tanto da chiedere ad Oprah Winfrey di dimagrire venti chili prima di farla apparire in copertina, e che abbia dei canoni estetici piuttosto estremi quando si tratta di scegliere le modelle per i servizi di Vogue. Esile ed elegante, anche Anna, ovviamente, mangia pochissimo, va a letto prestissimo (alle 10) e si alza prestissimo (alle 5), e ama i cappuccini bollenti.
E ama anche un’altra donna forte come lei. Anna Wintour infatti sosterrà Hillary Clinton nella campagna elettorale per le presidenziali del 2016: i diritti delle persone LGBT e il controllo dell’uso delle armi sono le questioni che la interessano di più. Ma non c’è stato solo Il diavolo veste Prada a raccontarla su celluloide. Il documentario The Septembre Issue, di R.J. Cutler, del 2009, racconta tutto quello che gira intorno al “mitico” numero di settembre di Vogue America, il numero più importante dell’anno, quello che richiede otto mesi di lavoro. Sì, perché Anna Wintour prima di tutto è una grande, grandissima lavoratrice. E, in un certo senso, anche una mecenate. Se è chiaro che la direttrice di Vogue va a simpatie, se le sei simpatico hai svoltato. È stato infatti grazie al suo aiuto che John Galliano ha lavorato da Christian Dior. E se Marc Jacobs ha ottenuto una sala da Donald Trump in un periodo in cui era a corto di fondi. Anna Wintour probabilmente è il diavolo. Ma anche l’acqua santa. Basta decidere da che punto guardarla.
di Maurizio Ermisino per Dailymood.it